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Dogtooth

Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film

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ed wood

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Dogtooth

di ed wood
9 stelle

Con una trama del genere, c'era il rischio concreto di ritrovarsi ad assistere al classico "pugno nello stomaco", la rassegna di provocazioni fine a se stesse fondate su una visione morbosa del sesso e della violenza. Oppure il film dimostrativo, chiuso in se stesso, schiavo del proprio angusto pretesto teorico, privo di "dialogo" con lo spettatore. E bisogna dire che in certi momenti Lanthimos rischia pericolosamente di cadere in questo tipo di limiti. D'altra parte "Kynodontas" può dirsi senza dubbio un film stimolante, aperto, ambiguo, pieno di interessanti spunti a livello di sceneggiatura, regia, fotografia: una scommessa riuscita. Il regista greco riparte da Haneke, col quale condivide la crudeltà di sguardo e la pressochè totale assenza di pietà nei confronti dei suoi personaggi. Attenzione però: l'assenza di pietà non va confusa col disprezzo per l'Uomo. Trattandosi di un film (quindi di un'opera d'arte, o quantomeno di "comunicazione"), si tratta semplicemente di un modo di filmare (e quindi di rappresentare) una certa "realtà". "Kynodontas" parrebbe il cuginetto di "Funny Games": si parte da una situazione-limite, che come tale può essere intesa come allegoria di una determinata condizione umana. Là era la classica famiglia in preda ad una violenza gratuita, non tanto quella di due sgraditi "ospiti", quanto quella "richiesta" dallo sguardo vorace dello spettatore televisivo; qua è invece un'altra famiglia, questa volta soggiogata dalla forma di paternalismo più estrema possibile, che si risolve in una violenza perversamente "costruttiva". "Funny Games" soffriva di una certa programmaticità, configurandosi come film-concetto, puramente teorico; "Kynodontas" invece presenta molte più sfaccettature, molte finezze, rivelandosi un film decisamente più "aperto", non limitandosi ad un apparente sadismo autocompiaciuto. Lanthimos affronta diversi argomenti in un film che da un lato adotta un gelido ed asciutto sguardo entomologico, dall'altra crea significati con la forza dell'immagine: un po' complessa dimostrazione di un teorema antropologico, un po' spietata poesia. I temi trattati sono molteplici: l'idea del controllo delle mente, come in una società distopica e totalitaria (si veda anche la "minaccia" di un parto gemellare; notare inoltre l'importanza che il linguaggio, appreso in maniera distorta, riveste in questo film, proprio come in Orwell); l'orientamento inesorabilmente maschilista (solo al figlio maschio è concessa l'attività sessuale; la donna non deve sapere cosa sia il piacere); il delineamento di un modello sociale basato sulla competizione e sullo scambio (metafora della società capitalista); il ruolo destabilizzatore del mezzo audio-visivo e della cultura "esterna" (sarà la visione clandestina di Rocky, lasciata fuori campo da Lanthimos, a generare in una delle sorelle il desiderio di fuga); la sessualità come automatismo, del tutto privo di eros (straordinario il modo in cui vengono girati amplessi e cunnilingus). Per mettere in scena questo complesso e sfaccettato universo tematico, Lanthimos inventa una serie di espedienti stilistici di grande ricchezza espressiva: inquadrature che mozzano teste o decentrano persone, concentrandosi piuttosto su oggetti o particolari anatomici, espediente questo con cui da un lato si evidenzia il "relativismo cognitivo" che caratterizza l'esistenza dei ragazzi, dall'altro si concentra l'attenzione sugli oggetti dell'apprendimento e la loro discrepanza semantica rispetto alla parola; fotografia abbagliante, sovraesposta, antifrastica rispetto al "buio metaforico" in cui brancolano i giovani protagonisti; abile direzione attoriale, declinata nelle forme del gioco, dell'addestramento, della simulazione; ispirata gestione del registro grottesco; montaggio sapientemente ellittico. Nonostante sia evidente che il pater familias sia uno psicopatico, Lanthimos non pone quasi mai enfasi su questo aspetto: si limita a studiarne il rigore indefesso con cui costruisce a tavolino il suo mondo, senza giudizi morali o scappatoie psicologiche. "Kynodontas" è un film sull'Uomo e la sua negazione, sulla conoscenza, sulla percezione di sè; sul rapporto ambigui fra intelligenza e stupidità; sull'ineluttabilità del meccaniscmo causa-effetto, qui declinato "informaticamente" in data-output; indirettamente è anche una riflessione sull'era della "realtà virtuale", in cui è possibile creare mondi auto-sufficienti e manipolarli a proprio piacimento. Non mancano tuttavia i difetti e le forzature. Ad esempio, il personaggio della madre e quello di Christina avrebbero meritato un maggiore approfondimento. Si intuisce un lavaggio del cervello sulla prima e un atto di corruzione sulla seconda, perpetrati a loro tempo dal pater familias, ma ciò non basta a giustificare i comportamenti delle due donne in un film che, per come è concepito, non dovrebbe mai abbandonare una sua, per quanto folle, plausibilità. Poi c'è la questione sessuale: se il sesso è un impulso naturale prima che una imposizione culturale, è possibile che una delle sorelle non provi nulla quando pratica il cunnilingus su Christina? E infine: la troppo scoperta metafora canina...Ci sono però anche intuizioni simboliche (la promessa di un cerchietto che si illumina al buio), retaggi antonioniani (il desolante landscape industriale, come unico luogo concepibile dal pater familias, al di fuori della sua "famiglia"), sprazzi di tenerezza frustrata (i giochi in piscina, la festa coi palloncini, il bacio incestuoso). E quella svolta, quella catarsi che non arriva mai, nemmeno nel finale apparentemente liberatorio: la ragazza scappa, ma senza saperne il motivo. Priva delle informazioni necessarie sul significato e sulle possibilità della sua fuga, non può far altro che entrare fisicamente in quello che ha sempre creduto rappresentare il "mondo esterno": l'automobile del padre. Non si scappa: la logica è ferrea. Film di radicale pessimismo, di inevitabile crudeltà, di disarmante metodicità, "Kynodontas" analizza scientificamente e mette in scena un mondo di marionette, dove le persone non sono altro che dati/fattori di una mastodontica operazione matematica.

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