Espandi menu
cerca
Dogtooth

Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Marcello del Campo

Marcello del Campo

Iscritto dall'8 marzo 2011 Vai al suo profilo
  • Seguaci 105
  • Post 32
  • Recensioni 207
  • Playlist 30
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Dogtooth

di Marcello del Campo
7 stelle

Chiusi in una prigione, tre ragazzi ignorano di essere chiusi in una prigione perché non sanno il significato della parola “prigione” e non conoscono l’esatto significato di molte altre parole. L’unico linguaggio che conoscono è quello impartito dal padre e dalla madre connivente.

locandina

Kynodontas (2009): locandina

D’accordo: non basta l’ambiguità linguistica a produrre malattie virali della comunicazione: della frase portata ad esempio da Wittgenstein, “la vecchia porta la sbarra”, riusciamo infine a rinvenire il significato né basta l’ordine incongruo a generare il double bind perché nel parlare inquieto dei nostri tempi, la frase “ti ordino di disobbedirmi” (ingiunzione paradossale di Watzlawick) può al massimo denotare l’incongruità del parlante, atta a ottenere il massimo risultato (un’obbedienza cieca) con la finta elargizione di una condizione di libertà. Ragionevolmente, Gilles Deleuze e Felix Guattari, hanno dimostrato che le modalità comunicative non sono responsabili del disagio psichico, incline alla schizofrenia, dei nostri tempi, altre le ragioni, - politiche, sociali., - che ingenerano disuguaglianze, povertà, sudditanza.

 

Aggeliki Papoulia, Mary Tsoni

Kynodontas (2009): Aggeliki Papoulia, Mary Tsoni

Poniamo allora un caso diverso: confiniamo tre adolescenti (la sorella grande, la sorella piccola, il fratello minore) in un vivaio-famiglia, dominato da un padre autoritario e da una madre supina agli ordini del partner. Aggiungiamo che i tre adolescenti non possono avere rapporti esterni né li hanno mai avuti. Il padre va regolarmente al lavoro, la madre cucina manicaretti da leccarsi baffi, i due hanno una vita sociale ristretta ma non si negano freddi avvitamenti sessuali di rito. La casa, un caldo ambiente borghese, una villa con piscina, è circondata da una palizzata in legno, oltre la quale è possibile vedere il cielo, ma non la zona oltre una folta siepe.

Chiusi in una prigione, i tre ragazzi ignorano di essere chiusi in una prigione perché non sanno il significato della parola “prigione” e non conoscono l’esatto significato di molte altre parole. L’unico linguaggio che conoscono è quello impartito dal padre, un linguaggio che, come lo steccato, deve (secondo quanto pensano il padre e la madre connivente) servire a preservare i figli da ogni contaminazione con la realtà.

I cinque non hanno un nome, l’unica persona del mondo esterno cui è concesso l’ingresso nella casa-prigione, si chiama Cristina, la prostituta che periodicamente il padre porta in casa per farla accoppiare con il ragazzo, non perché all’uomo stia a cuore la vita sessuale del figlio, ma solo per evitare che questo possa insidiare le sorelle in mancanza delle soddisfazione sessuale normale.

L’uomo crede di fare il bene dei suoi figli, per questo motivo ha cambiato il senso delle parole che quotidianamente, in seduta generale, regala loro.

 

Le parole nuove del giorno sono: mare... autostrada... escursione... e carabina”, dice il padre. Poi spiega. “Un “mare” è una poltrona in cuoio con braccioli di legno, come quella che c’è in soggiorno. Esempio: non rimanere in piedi, siediti nel “mare”.

Autostrada” è un vento molto forte.  L’”escursione” è un materiale molto duro usato per fare pavimenti. Esempio: Il candeliere è caduto e si è schiantato sul pavimento, ma il pavimento non si è danneggiato, perché è fatto al 100% di “escursione”. Carabina. Una “carabina” è un bellissimo uccello bianco.

Dopo avere impartito le ‘parole del giorno’ che camuffano la realtà, l’uomo propone ai figli di inventare un gioco per trascorrere insieme il tempo. Per dare un’idea dei giochi che deliziano la famiglia tutta, basta andare oltre l’inventario assurdo del Manuale d’istruzioni di Julio Cortázar (in Storie di cronopios e di fama): giocare a fare una gara di resistenza a chi tiene per più tempo il dito sotto l’acqua calda oppure altri giochi assurdi.

Il padre, l’uomo che conosce il modo esterno, nega ai figli la possibilità di conoscere il reale. Per il resto è un padre perfetto, procura provviste di cibo, filma continuamente la vita familiare con una cinepresa dalla quale non si separa mai, continuando nel gioco oscuro del mascheramento.

Attraverso invisibili strisce, la verità comincia a trapelare: segnali inequivocabili penetrano nel guscio protetto dal guardiano, rompono la trama ordita dal secondino. Chi ha letto Cosmo di Witold Gombrowicz sa che un uccellino impiccato a uno stecco prepara a ben più esiziali impiccagioni.

In questo film, la presenza di tre piccoli saraghi nella piscina della villa, è il detonatore che sbriciola la finzione, introducendo nell’universo concentrazionario famigliare il sesso disturbante, con una inverecondia tanto scatenata quanto più puritano è il vocabolario che nomina la gestualità sessuale.

Quando si diventa grandi?, chiedono i ragazzi.”

Il padre ha la risposta prefabbricata per procrastinare la detenzione:

Tra i trenta e i quaranta anni gli uomini. Le donne tra i venti e i trenta.

Quando un bambino è pronto a lasciare la sua casa… quando… ?” “Quando il canino destro cade. O il sinistro, non è importante quale. In quel momento, il corpo è pronto ad affrontare tutti i pericoli. Per lasciare la casa in sicurezza, bisogna usare la macchina.

Quando uno può’ imparare a guidare?

Quando il canino destro ricresce. O il sinistro, non importa quale.” Purché non fuggano via, il padre e la madre non esitano a permettere che l’ultimo tabù sia infranto: l’endofilia.

 

La liberazione avviene con l’ausilio degli organi sessuali, materiali non addomesticabili: essi squarciano il velo di Maya, sunt nomina rerum.  “Mamma, cos’è una ‘fica’?

Dove hai imparato quella parola?”

Su una cassetta sopra il videoregistratore.”

Una fica è una lampada grande. Esempio: la fica si è spenta, e la stanza e divenuta tutta buia.”

 

Kynodontas è un film Giorgos Lanthimos del 2009, presentato a Cannes (Un Cértain Reguard) Kynodontas è il dente canino. Kynodontas reclama citazioni. Io ne ho fatto alcune. Altri hanno tirato in ballo Haneke (Funny Games e Il nastro bianco), Lars Von Trier (Idioti), Night Shyamalan (The Village), David Lynch (Eraserhead), Harmony Korine (Gummo), Ulrich Seidl (Canicola), Darren Aronofski (Pi Greco), molti hanno distolto lo sguardo, altri sono usciti dal cinema, imprecando.

 

Il film di Lanthimos, povero (una location e quattro gatti di attori) è una delle opere più estreme viste nell’ultimo decennio. Probabilmente tutti i rimandi cinefili sono pertinenti, meno l’avere trascurato l’aspetto più importante: che cosa accade se si sovverte l’ordine linguistico?

Se allarghiamo l’orizzonte-famiglia-nucleare al più ampio orizzonte mediatico, un brivido corre pere schiena: perché il totem che quotidianamente impartisce a milioni di persone ‘le parole camuffate’, occultando la ‘realtà effettuale della cosa’, ha già da un buon ventennio ottenuto il risultato di un generale rimbambimento delle facoltà di apprendimento degli uomini. L’Homo Televisivus, nutrito con amore a base di pubblicità, giochini insulsi, veline (Cristine), fandonie, ha i canini ancora ben confitti nella polpa ed è pronto a mordere.

Kynodontas come Pontypool di Bruce McDonald segnalano il ritorno al burroughsiano language is a virus, flatus vocis: la temibile Accademia di Laputa di Swift.

 

Kynodontas (2009): Clip 4 originale | Sottotitoli spagnolo

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati