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I gatti persiani

Regia di Bahman Ghobadi vedi scheda film

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La recensione su I gatti persiani

di bradipo68
8 stelle

Se qualcuno si aspettava da Gohbadi un nuovo film che ripercorresse gli stilemi della cosiddetta scuola iraniana,beh stavolta ha sbagliato indirizzo.Qui c'è tutto quello che non ti aspetti a un film iraniano.Non è più tempo di cavalli ubriachi in una storia di frontiera,è tempo di calarsi  nelle viscere di Teheran,nei suoi cunicoli più stretti da percorrere in tre su una motocicletta,è tempo di organizzare clandestinamente serate musicali invise al regime,chiusi in cantine insonorizzate con  mezzi di fortuna,oppure sul terrazzo ad aspettare che esca di casa il vicino che li ha fatti gà arrestare.Si intitola I gatti persiani ma poteva benissimo intitolarsi Teheran underground  questa rielaborazione del road movie all'inerno del caos della capitale iraniana.I due protagonisti che hanno già assaggiato le patrie galere perchè hanno fatto musica reputata dal regime demoniaca,assieme a un manager sui generis si muovono nell'ombra  per cercare di completare la loro band,organizzare un paio di concerti a Teheran per comprare passaporti e migrare a Londra vista come il paese di Bengodi per ogni musicista che si rispetti.La cinepresa si muove di soppiatto,il più delle volte nascosta per rubare immagini,la pellicola viene impressionata  dalle cicatrici di tutto quello che si nasconde dietro la facciata del regime,visto praticamente come un mostro senza faccia.Negli unici due incontri che si hanno con funzionari del regime(il giudice che discute sulla multa da comminare al manager per i cd e i film masterizzati o la scena in cui due poliziotti in motocicletta si portano via il cane di Negar) l'autorità rimane rigorosamente fuori campo ma mentre l'incontro con il giudice è una neanche tanto sottile parodia del potere precostituito,la seconda sequenza è indicativa di un clima torbido che contibuisce a rinforzare il sentimento d'odio verso i sedicenti guardiani della rivoluzione.Il film di Ghobadi dietro la sua apparente "leggerezza" è un pamphlet politico ad alta virulenza in cui la musica come simbolo di cultura(e anche di recupero delle tradizioni,vedi la riscoperta del folk) unisce i giovani nella protesta.Teheran non è solo città di fondamentalisti islamici o di adunate di massa da regime totalitario:la ribellione scorre sotterranea nelle forme più disparate:dal merlo che si chiama Moniuca Bellucci,al poster di Marlon Brando ne Il selvaggio,ad Humphrey Bogart,al poster dei Fab Four di Liverpool appeso nella sala prove,all'heavy metal suonato in campagna,in una stalla nell'azienda zootecnica di famiglia(e quella musica"non fa più fare il latte alle vacche"),fino ai capelli lunghi.I frammenti delle immagini rubate si inframezzano alla narrazione e non nascondo che anche io ho cercato di rubare con gli occhi soprattutto dalle immagini girate nelle condizioni più disparate e più disperate.Ho cercato di capire come fosse realmente Teheran e ho visto una metropoli caotica e contraddittoria,in cui al traffico tipico della civiltà occidentale si alternano scene di estrema povertà,bambini scalzi,derelitti buttati agli angoli delle strade.Tutto quello che il regime islamico cerca di tenere nascosto.I gatti persiani è un inno alla libertà e alla musica di qualsiasi genere essa sia(anche questa è la dimostrazione della libertà d'espressione)dall'indie rock all'heavy metal,dal folk al rap.Molte parti(quelle squisitamente documentaristiche) con un montaggio iperaccelerato sono girate alla stessa stregua di un videoclip,stile che solitamente mi reca notevole disturbo:ma mai come questa volta l'ho trovato così adeguato al contesto...

Su Bahman Ghobadi

stile moderno e montaggio da videoclip:tutto quello che non ti aspetti dalla scuola iraniana

Su Hamed Behdad

il manager sui generis,bravo

Su Ashkan Koshanejad

non male

Su Negar Shaghaghi

anche lei se la cava

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