Regia di Bahman Ghobadi vedi scheda film
Sono cresciuti i protagonisti di Ghobadi: i bambini dei cavalli ubriachi e quelli delle tartarughe volanti dei suoi precedenti lavori, sono diventati adolescenti, si sono trasferiti dalle terre desolate dei confini Kurdo-Iraniani-Irakeni a Teheran e vogliono suonare la musica rock. O meglio: vogliono la libertà di suonare la musica rock. Devo ammettere che questo film, dei quattro lungometraggi del regista kurdo, è quello che mi è piaciuto meno. D'altra parte, si distacca nettamente dai suoi film precedenti, e imbocca una strada tutta nuova, molto digitalizzata e moderna, a tratti direi quasi sperimentale. E nei passaggi dove la (ottima) musica che pervade il film fa da sfondo alle sincopate e istercihe immagini, rubate velocemente alla guardia del regime iraniano, ipnotizzando e ubriacando lo spettatore, il film è decisamente interessante. Lo è molto meno (e molto poco) invece in tutta la parte "sceneggiata", dove i giovani attori non professionisti, certamente anche a causa dell'antica piaga di un doppiaggio che tenta invano e malamente di "italianizzare" (oltre che tradurre) una realtà e un contesto che non sono italianizzabili, non convincono fino in fondo, e lasciano un po' rimpiangere i bambini dei cavalli ubriachi e delle tartarughe volanti. Insomma: sarebbe stato un perfetto docu-film se avesse mantenuto solo le parti musicali. Mi aspettavo qualcosa di più, ma le aspettative, si sa sono traditrici. Film comunque molto interessante e certamente da vedere, se non altro per conoscere, per chi ancora non avesse potuto, il talento di questo giovane regista kurdo.
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