Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
Presentato a Cannes 2009, il film di Alejandro Amenábar dedicato alla civiltà alessandrina e alla figura di Ipazia, filosofa e scienziata che in parte ha anticipato persino le intuizioni di Galileo, è un’opera che merita di essere avvicinata con attenzione. Il mondo della civiltà alessandrina, fondato su contraddizioni oggi all’apparenza insanabili, come la compresenza della libera indagine intellettuale e la schiavitù, viene distrutto dall’avanzata dei protocristiani i quali, in nome dell’eguaglianza, promuovono di fatto, attraverso il monoteismo, il pensiero unico facendo leva sulla violenza, l’intolleranza e il disprezzo nei confronti del concetto della complessità. Per affrontare tutte le implicazioni politiche di una materia simile ci sarebbe voluto lo sguardo di un vegliardo come Youssef Chahine, il cui Al-massir (Il destino) affrontava proprio alcune di queste problematiche in seno all’Islam rievocando la figura di Averroè. Amenábar, dal canto suo, pur evitando di cadere nella tentazione del neopeplum in stile Wolfgang Petersen o, peggio!, Oliver Stone, evoca con grande commozione e rispetto l’utopia alessandrina, freme d’indignazione quando i cristiani appiccano il fuoco alla biblioteca e correttamente evidenzia, senza giudicare aprioristicamente, i motivi d’attrazione esercitati dal cristianesimo, rivelando le strategie del suo proselitismo. Accolto da bordate di fischi sulla Croisette da una parte del pubblico, Agora mette in scena un conflitto del passato che evoca un problema dell’oggi ben lungi dall’essere risolto. Amenábar schiva il rischio del pamphlet e del contenutismo, schierandosi dalla parte della pluralità del pensiero contro i padri di tutte le chiese indicando però responsabilità ben precise. Un film profondamente civile dunque, Agora, che non rinuncia alla spettacolarità e al piacere del racconto. Certo, non siamo né dalle parti di Joseph L. Mankiewicz, né di Robert Rossen. Eppure Alejandro Amenábar, in ottima e motivata forma, lancia la sfida e non nasconde la mano.
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