Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
La ricostruzione, molto romanzata ma non priva di solidi agganci alla realtà storica, della vita e del linciaggio subito nel quinto secolo dalla filosofa Ipazia ad opera di fanatici cristiani, sembra su ordine del vescovo Cirillo (successivamente santificato dalla Chiesa cattolica e venerato anche da quella ortodossa) e sullo sfondo delle lotte di religione tra pagani, cristiani ed ebrei che insanguinarono Alessandria d'Egitto al declinare dell'impero romano. Innanzitutto devo ammettere, candidamente e non senza un pizzico di vergogna, che, nonostante mi consideri un appassionato di storia antica ed avido lettore di saggi storici, non avevo mai sentito parlare del personaggio di Ipazia prima dell'uscita di questa interessante pellicola di Alejandro Amenabar: ho cercato di colmare le mie lacune leggendo qualcosa sull'argomento, ma non millanterò profonde conoscenze della materia e non mi lancerò in improbabili dissertazioni filosofiche che non competono certo ad un modesto "opinatore" di film su un blog di cinema. In base a quello che ho letto, mi sembra che, sebbene con qualche palese incongruenza storica (ad esempio il ruolo di Sinesio di Cirene nel martirio di Ipazia), diverse "aggiunte" romanzesche (peraltro pienamente giustificate: "Agora" è un film, non un documentario) e personaggi fittizi (Davo, lo schiavo convertito al cristianesimo innamorato di Ipazia), la ricostruzione di Amenabar sia tutto sommato abbastanza fedele ai fatti storici, almeno a quelli, relativamente scarsi, che ci sono stati tramandati dallo storico coevo Socrate Scolastico e dal di poco successivo Damascio, specie in relazione alla brutalità gratuita dell'assassinio di Ipazia e dal ruolo avuto dal controverso Cirillo nell'ordinarne il massacro. Sbrigata la questione dell'attendibilità storica, che tante feroci polemiche ha scatenato tra sostenitori e detrattori della pellicola, c'è da affrontare il tema, anche più spinoso, dei contenuti del film di Amenabar. Il regista spagnolo è stato accusato di manicheismo e il suo lavoro di essere un manifesto di propaganda anticristiana. Personalmente considero la polemica abbastanza forzata: "Agora" è un'opera strutturata su una tesi, che potremmo definire illuminista, ancora attuale in un periodo storico come il nostro che vede sempre più spesso riaffiorare il conflitto tra scienza e religione (pensiamo agli Stati Uniti, con l'avanzata dei "teo-cons" e al loro tentativo, ad esempio, di sostituire la teoria evoluzionista con il cosiddetto "creazionismo" di matrice biblica). La tesi di "Agora", dicevamo, è fin troppo chiara: il film di Amenabar afferma il primato della conoscenza sulla fede e condanna senza riserve il fanatismo religioso, da qualsiasi parte esso provenga (non a caso durante il film vengono esplicitamente stigmatizzati anche gli atti di violenza compiuti da pagani ed ebrei e comunque evidenziato il ruolo di sostegno alle classi più umili e derelitte svolto dal cristianesimo delle origini). Ovvio che con questi presupposti "Agorà" abbia toccato nervi scoperti, ma ritengo che. come giustamente i credenti rivendicano la loro libertà di fede, così dovrebbero consentire ai non credenti di denunciare qualsiasi tentativo di soffocamento del libero pensiero. Non penso, in questo senso, di dare un'interpretazione troppo lontana dalla realtà se colgo nel film una nota autobiografica da parte del regista: Amenabar, gay dichiarato e, di conseguenza, in qualche modo "eretico" in una società che non ha ancora accettato del tutto le "diversità" di pensiero e di comportamento, ha voluto fortemente caratterizzare Ipazia come una martire della libertà, nel tentativo di ricordare che il fanatismo, da qualsiasi parte provenga, non è mai scomparso dalla nostra cultura ed affiora costantemente nel nostro quotidiano (in effetti, per rendersene conto, basterebbe leggere un po' di polemiche che ogni tanto si scatenano ai margini delle opinioni di questo sito, con sostenitori e detrattori dei vari film che arrivano a scannarsi per un nonnulla). In ogni caso, al di là dei contenuti (per quanto mi riguarda assolutamente condivisibili) di "Agora", il film di Amenabar è convincente anche da un punto di vista meramente formale: la ricostruzione dell'Alessandria del quinto secolo dopo Cristo è davvero sorprendente e ben realizzata, con splendide scenografie, credibili scene di massa e il tocco suggestivo delle immagini dall'alto (con il frequente richiamo al moto dei pianeti studiato da Ipazia) a caratterizzare le vicissitudini e il sangue versato dagli umani quasi come un accalcarsi di insetti senza alcuna importanza di fronte all'immensa complessità dell'universo. Eccellente la direzione di Amenabar, che già aveva dimostrato con "The Others" di essere un regista potente e di grande personalità; solo discreto il cast, con l'asciutta (anche se forse non particolarmente espressiva) interpretazione della bellissima Rachel Weisz e tanto impegno da parte di comprimari non troppo carismatici. Nell'insieme un gran bel film: voto positivo.
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