Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
VOTO : 6/7.
Con questo film Amenabar si cimenta col genere kolossal, raccontando una storia di vita tanto antica nei fatti quanto trasportabile ai giorni nostri per i suoi riflessi chiaramente visibili.
Operazione ambiziosa in buona parte riuscita, anche se qualche dubbio lo lascia (diciamo che pare esserci qualche compromesso).
Alessandria d’Egitto intorno al 400 d.c., Ipazia (Rachel Weisz) è una filosofa ostinata nel voler ragionare con la propria testa senza piegarsi ai dogmi imposti da una società in rapida evoluzione, ma, in un modo o nell’altro, sempre poco incline ad ascoltare le voci dei dissedenti.
Così, quando i pagani vengono travolti dalla folla cristiana (dopo aver per primi attaccato apertamente) è costretta alla fuga dalla biblioteca, distrutta con i suoi testi centenari, e vista di cattivo occhio in quanto confidente gradita al prefetto romano, il quale mal si concilia con il vescovo Cirillo e la massa di gente che pende dalle sue labbra.
Intanto i suoi studi sul sistema solare proseguono, ma la sua posizione è sempre più in pericolo.
Amenabar realizza un film esteticamente curatissimo, romanzando una storia difficile ostracizzata da chi ci ha visto un tentativo di colpire il mondo cristiano (intendiamoci, poi ci sono altri motivi per cui possa non piacere).
In realtà l’obiettivo è quello di evidenziare come tante, troppe, volte l’uomo nel corso della storia sia stato vittima dei fondamentalisti e di alcune figure carismatiche che in virtù della loro posizione di forza spesso non hanno avuto problemi a schiacciare il più debole (al contrario di quanto dicano le religioni).
Così all’inizio del film sono i pagani a dare il là alla rappresaglia, poi lo sono i cristiani, nel corso della storia lo sono stati altri, in maniera circolare come lo è la vita stessa.
Ma il film non si ferma a questo, infatti nel raccontare di Ipazia, si racconta anche la figura della donna, come tale, ma anche come minoranza nella minoranza e soprattutto si affronta il tema della libertà di pensiero, più volte messa a repentaglio da chi vuole/voleva controllare la situazione.
Insomma Amenabar mette sul piatto diverse pietanze succulente (forse troppe), avvalendosi di comparti tecnici notevoli, ma il suo racconto non scorre sempre fluido ed incisivo al massimo delle sue potenzialità.
Questo per colpa di alcune caricature un po’ ostentate, e per qualche sentimentalismo di troppo, presenti soprattutto nella parte conclusiva.
Detto questo, secondo me, il film riesce a colpire il bersaglio e, seppur lontano dal concetto di perfezione, ha davvero tante qualità per farsi piacere.
VOTO : 6/7.
Stilisticamente parlando funziona e si prende pure dei rischi che magari si poteva evitare (penso alle visuali da fuori atmosfera). Nella gestione del racconto è abbastanza bravo, ma non convince del tutto.
VOTO : 6/7.
Bella prova, da corpo e anima al suo personaggio, con passione e slancio.
Forse si poteva anche fare qualcosina di più, ma in ogni caso l'ho trovata approriata.
VOTO : 6.
Non male, ma nemmeno meritevole di particolari encomi (anzi).
VOTO : 6.
Passabile, ma si poteva pescare meglio.
VOTO : 6.
Sufficienza piena.
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