Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
Pretenzioso polpettone storico-filosofico con parecchie inesattezze storiche, basato sulla figura di Ipazia di Alessandria vissuta a cavallo tra il IV e il V secolo d.C.
Dispiace sparare su un regista bravo come Amenabar ma il film per quanto nato con l'ottima intenzione di criticare i fondamentalismi religiosi finisce per andare fuori dai binari e per tingersi di un anti-cristianesimo che francamente risulta fastidioso (anche a un laico come chi scrive).
Intendiamoci bene: il vescovo Cirillo ebbe davvero sulla coscienza la fine cruenta (assai più di quanto mostrato nel film) della brillante pensatrice, e il cristianesimo dei primi secoli ebbe vicende assai travagliate.
Però qui tutto sembra un pò (tanto a dire il vero) forzato, con un personaggio (Ammonio, esistito davvero ma non come viene narrato nel film) che sembra un Osama Bin Laden in anticipo di millecinquecento anni, a capo di una milizia (disarmata e non armata, altra inesattezza storica) che già dal nome (parabalani) sembra fatta apposta per invocare i contemporanei talebani.
Va bene la libertà di narrazione però tutta la vicenda è stata stravolta e non mi soffermo sull'ulteriore elenco di sviste, volute o non che siano. Qui al regista sembra essere sfuggito il fatto che il cristianesimo ebbe grande successo perché si proponeva come una religione di misericordia e solidarietà, la religione degli ultimi.
Che poi ci sia stata una commistione con il potere questo è certificato dalla storia (da leggere in merito "Potere e Cristianesimo nella tarda antichità" dell'ottimo Peter Brown) così come è certo che alcuni personaggi utilizzarono la religione per fini personali.
Ma il parallelo che traspare dalle immagini (cristianesimo delle origini = islam di oggi) sembra davvero fuori luogo. La società di allora non è quella di oggi, il paragone non si può fare proprio.
Alla fine della visione si ha così l'impressione di un film fortemente manicheo nella sua denigrazione del cristianesimo, poco equilibrato nelle sue parti e neppure salvato dalla recitazione degli attori (a parte Rachel Weisz gli altri lasciano molto a desiderare).
Peccato perché il periodo trattato nella vicenda narrata è uno dei più affascinanti della storia umana
Credo che pretendere da un film storico la fedeltà completa ai fatti raccontati sia pressoché impossibile. E' giusto lasciare al regista una certa libertà di espressione artistica giustificata da fini narrativi (altrimenti si rischi di avere un semplice documentario).
Tuttavia questa "libertà" deve essere limitata, perché comunque il rispetto della Storia deve essere garantito. Qui di rispetto per i fatti storici ce n'è davvero poco. Si ravvisa una modifica perfino di quei pochi fatti risalenti a quel periodo di cui abbiamo certezza.
Film culturalmenete disonesto, cambierei proprio l'impostazione di base.
Ma a quel punto tutta la fragile struttura messa su dal regista crollerebbe e questa pellicola non avrebbe più ragione di esistere.
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