Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
Un piccolo saggio, a suo modo, su ragione contro fanatismo.
Amenàbar recupera le vicende dell' astrono(ma)tematica Ipazia sbertucciata dai cristiani, una volta ottenuta l'ufficialità del loro culto dall'Impero.
Ma non è un film contro le religioni bensì, come da più parti fatto notare, contro le guerre di fede, i fanatismi e le intolleranze.
La storia transita vie anomale, amori impossibili, paladini e profeti sdentati disegnati da chissà chi, ricostruzioni di fantasia.
Con l'occhio generoso, fin dall'inizio, al potenziale inciucio schiavo/padrona ma, paradossalmente, pur testando spesso con frenesia, il clima di costante antagonismo tra le fazioni di diversa estrazione religiosa, forme di rara sonnolenza possono impadronirsi dello spettatore medio (io), che tra una zoomata googlearthiana ed un'Alessandria leccatamente digitalizzata, rischia il rapido abbiocco favorito anche da una sceneggiatura che sfora spesso in fiscale pedanteria.
Il regista di The others raramente investe in verve, come con la ripresa rovesciata dell'incendio della biblioteca o cogliendone, dall'alto, il convulso saccheggio offerto dai cristiani dissennati, minuscole macchiette nere, eccitate da sregolato furore, riprese, per di più, a tripla velocità, a felice emulazione di un novello formicaio dagli impeti fuori controllo.
E le troppo rare parentesi di cinema lasciano voragini al chiacchiericcio accessorio, a comprimari fuori parte, a noioso vagabondare tra illuminazioni e repentine conversioni.
Tutto sommato due palle tonde, come il sistema tolemaico insegna.
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