Regia di George Miller vedi scheda film
Ultimo capitolo della trilogia originale di Mad Max interpretato da Mel Gibson con il titolo originale di Mad Max beyond Thunderdome, fu anche l’unico film della serie a non essere prodotto da Byron Kennedy, socio storico di George Miller, rimasto ucciso in un incidente di elicottero nel 1983 quando il film era ancora in preproduzione (il film è dedicato alla sua memoria).
Questo complicò notevolmente la produzione della pellicola oltre ad essere stato un duro colpo per lo stesso Miller che lo partò a delegare buona parte della regia a George Ogilvie, con cui aveva lavorato in precedenza nella realizazione di una serie Tv, per dedicarsi quasi esclusivamente alle sole scene d’azione.
Mad Max oltre la sfera del tuono fu anche un film che raccolse pareri discordanti sia da parte della crica che del pubblico, soprattutto riguardo alla sceneggiatura e al tono della pellicola, così differente da quanto visto precedenementei, e accusandolo (non senza ragione) di una deriva fin troppo Hollywoodiana.
E’ giusto però ricordare che ogni capitolo della trilogia è molto differente dalle altre (alla fine l’unica costante assoluto è sempre il personaggio di Mad Max e ogni pellicola ha un suo personalissimo approccio, una sua storia e un proprio stile) per una serie che fa della propria disomogenea di generi non solo una propria prerogativa ma una vera e propria cifra stilistica.
Anche questo terzo capitolo non è da meno, anzi, ed è evidente l’influenza sul suo regista dell’esperienza vissuta con Steven Spielberg sul set di Ai Confini della Realtà e che ha portato a una visione più politicamente corretta, quindi meno violenta e cinica, e raccontata attraverso un approccio molto più avventuroso e favolistico rispetto ai primi due capitoli.
Prendendo in parte le distanze dagli episodi precedenti e ridimensionandone gli aspetti più eccessivi, questo nuovo capitolo porta invece a esaltarne le componenti più fantasy e avventurose comunque già presenti, con cenni e contaminazioni che vano da Guerre Stellari a Indiana Jones (entrambe citate contemporaneamente in una ben specifica scena), in un coraggioso (o astruso?) tentativo di contaminare il racconto post-apocalittico da lui stesso reiventato con enorme successo con elementi non sempre coerentemente estrapolati dalla letteratura fantasy (vedi Peter Pan) ma anche dai cartoni animati (MasterBlaster rivela molti riferimenti all’animazione giapponese, ad esempio), e con un ritorno al western classico o con derive riconducibili addirittura al peplum (la sfida gladiatoria al Thunderdome).
Questo si evince anche da un’opera con un’anima divisa in due, con una prima parte più classica e più in linea con quanto mostrato precedentemente, con Bartertown, città in mezzo al deserto australiano governato da Aunty Entity (Tina Turner), dai toni cupi e sporchi, con un grande dispiego di mezzi sottolineato da una scenografia retro-punk ad opera di Graham Walker, e da una seconda in cui prendono decisamente il sopravvento le influenze di Spielberg e Lucas con l’apparizione dei bambini perduti e con Max, novello Peter Pan, a cercare di riportarli (in volo) sull’isola che non c’è (la città del Domani Domani) lontano dal cinismo e dagli errori/orrori del mondo degli adulti.
In questo caso la narrazione si fa decisamente più favolistica e solare, virando verso il fumettistico e l’avventuroso, e trasformando Max in un eletto e/o uomo della provvidenza, eroe di fantasia che continuerà ad esistere nel tempo tramandandone il Mito di generazione in generazione. In pratica un eroe delle favole (o della buonanotte),
Alla fine è proprio questo l’aspetto che più ha spiazzato gli spettatori e che più pregiudica la riuscita di un film dalla realizzazione complessa fin dalla sua elaborazione, in parte sperimentale e in parte innovativa, e da una serie di problematiche anche personali o emotive ma non per questo di secondo piano.
Per la colonna sonora Maurice Jarre fu chiamato a sostituire Brian May, che aveva precedentemente lavorato sia a Interceptor che a Il Guerriero della strada, che si avvalse anche della voce della famosissima Tina Turner in One of the living e, soprattutto, nella spacca-classifiche We don’t need another hero.
E chi non conosce questa canzone si merita un giro di Ruota.
VOTO: 6,5
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