Regia di Xavier Dolan vedi scheda film
Ha 16 anni Hubert, liceale con una mamma ingombrante e un fidanzato a lei ignoto. Aveva 16 anni Xavier Dolan quando ha scritto la sceneggiatura della sua opera prima, esordio col botto alla Quinzaine des réalisateurs 2009, modellandola sulla sua autobiografia. O meglio, sulla versione survoltata e filtrata dallo sguardo cinefilo di un’autobiografia: la quotidianità ricostruita in interni meticolosamente, artificiosamente pacchiani; l’odio e l’amore traslati in ralenti epifanici; la musica che esce dal cervello per inondare il grande schermo. Hubert si racconta in videodiari frontali, lui solo inquadrato in un lungo selfie in movimento; ma J’ai tué ma mère non è la versione espansa del videodiario di Xavier Dolan. La voce di Hubert è autentica, ma lo sono anche quelle della madre (la meravigliosa Anne Dorval) e della docente/mentore (l’altrettanto splendida Suzanne Clément: entrambe, dagli esordi e sempre, attrici feticcio del giovane regista) ed è nella scrittura, nel ritmo martellante e nella sincerità perforante dei dialoghi che Dolan rivela un talento inaudito. Se è facile per un sedicenne parlare dell’amore a sedici anni, sconvolge la sua capacità di rappresentare l’amore/odio, il possesso e la tenerezza di un genitore per il figlio. Perché?dietro le citazioni sfacciate di Wong Kar-wai, dietro i lasciti di Antoine Doinel (che, pure lui, “uccideva” la mamma), dietro la cinefilia esibita e patinata, c’è una voce da ascoltare con attenzione.
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