Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Il film è senz’altro la ricostruzione del massacro al politecnico di Montreal nel dicembre del 1989 e perciò una testimonianza in omaggio alle vittime, le quattordici ragazze barbaramente uccise, e vittima sui generis lo è anche lo studente l’omicida suicida.
La descrizione di questo assassino è disarmante perché comunque sia ci fa entrare nella sua glaciale necrofilia. Frustrato, sociopatico, il suo nemico è il mondo delle donne, che con il pretesto di essere femministe usurpano i diritti e le conquiste plurisecolari degli uomini senza per questo rinunciare ai vantaggi di essere donne per quanto riguarda il diritto alla maternità e alle aspettative annesse, rivelandosi così ipocrite, perché il loro intento è mantenere la differenze di genere ma a favore di quello femminile. In più precisa che se è retrograda nelle questioni sociali e politiche, egli non lo è certo per le scienze.
E come non ricordare, a questo proposito, che il grande filosofo marxista Lukacs nella sua ontologia dell’essere sociale afferma che non vi è nulla di strano essere progressisti nelle scienze e retrogradi nel sociale, nell’attuale clima neopositivistico del capitalismo manipolatorio. E il nostro protagonista è avviluppato proprio in questa alienazione che lo fa essere una bomba a orologeria, diventando il simbolo coinvolgente e per questo disturbante delle nostre stesse esistenze, che, volenti o nolenti, non possono non rispecchiarsi malsanamente in lui, così come avviene simbolicamente nell’opera quando il suo sangue suicida si mescola con quello delle sue vittime…
Quest’operazione va letta con grande attenzione. Non si tratta di giustificare e tanto meno di esaltare l’autore del massacro, quanto di far sentire fino in fondo che le esistenze, anche nella follia omicida, non possono essere scisse, divise, uccise o risparmiate, e che dunque anche nel gesto più assurdo e oscuro va ricercata la possibilità di un legame, che proprio per questo diventa una situazione limite, che coinvolge tutti e a tutti chiede di portarsi addosso il fardello del mondo, o attraverso il suicido per un insopportabile senso di colpa (lo studente che poteva fare qualcosa per impedire il massacro ma è fuggito) o attraverso il faticoso e segnato riscatto grazie al concepimento di una vita che la superstite Valérie porta nel suo grembo. Questo per dire anche che il massacro non è circoscrivibile, nessuno ne esce illeso, sia perché trattasi di eventi purtroppo sempre attuali, sia perché l’alienazione, il maschilismo, il machismo e il fascismo sono costellazioni di questo presente, che Villeneuve sa interpretare e approfondire senza evitare interrogativi filosofici sul senso dell’esistenza e del mondo. Gli esiti fantascientifici delle sue ultime due opere ne sono in qualche modo, a mio avviso, una conferma ulteriore.
Inoltre Villeneuve riprende il massacro da tre punti di vista: quello dell'omicida, di Valérie e dello studente che poi si suicida, giocando bene l'incastro dei vissuti e delle diverse temporalità esistenziali. Infine le panoramiche a testa in giù sono un altro decisivo richiamo simbolico al "mondo capovolto" di cui siamo impregnati...
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