Regia di Johnnie To vedi scheda film
Johnnie To oggi è il Cinema di Hong Kong proprio come lo era Tsui Hark all’inizio degli anni 80. All’indomani del 1997, quando in vista del ritorno alla Cina della ex colonia britannica i grandi nomi di Hong Kong prendono il largo per Hollywood (con risultati sovente disastrosi), To resta, diventando l’uomo del rinnovamento. Temperamento sperimentale attento al botteghino, To avrebbe voluto Alain Delon (il samouraï di Jean-Pierre Melville) nel ruolo dello chef che si reca in trasferta per vendicare la figlia, assegnato in seconda battuta al rocker Johnny Hallyday. To usa l’estraniamento del suo protagonista per costruire sublimi traiettorie visionarie (s)montando le sparatorie con un puntiglio cubista impareggiabile. L’interazione fra spazio e corpi è magistrale. Il risultato più clamoroso è che da questa organizzazione dell’inquadratura discende un cinema di una potenza etica inconcepibile sotto qualsiasi altra latitudine. Oscillando fra languori noir, folgorazioni kurosawiane e malinconie che omaggiano Jacques Demy, To compone un inno alla notte spudoratamente romantico. Danzando sul crinale dove ironia e lirismo si seducono a vicenda, Johnnie To si conferma cineasta spericolato in continua tensione di rinnovamento.
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