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Vendicami

Regia di Johnnie To vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vendicami

di pazuzu
8 stelle

A Macao, in una giornata piovosa, un'intera famiglia viene spazzata via in un agguato tra le mura domestiche: l'uomo e i due figlioletti, trucidati, muoiono sul colpo, mentre la donna è ridotta in fin di vita. Questa donna è Irene Costello, figlia di Francis (Johnny Hallyday), che torna dalla Francia promettendo vendetta. Incontra casualmente 3 killer professionisti a pochi passi dal teatro della loro ultima esecuzione, imperturbabile li risparmia dalla giustizia, poi (coprendoli d'oro) li ingaggia per scoprire e far fuori i responsabili della strage; a loro si presenta come chef, ma l'affinità elettiva con i 3 è troppo grande, le abilità che mostra non danno adito a dubbi, e nulla fa per nascondere l'evidenza. Anch'egli 20 anni prima era «nello stesso ramo», e di quel passato burrascoso conserva un souvenir: ha una bomba ad orologeria piantata nel cervello, una pallottola fissa lì da anni e destinata presto o tardi a spegnere i riflettori sulla sua memoria; vuole quindi portare a compimento la sua ultima missione per mettersi a riparo la coscienza prima di arrivare al punto di non ritorno, quando il progressivo obnubilato della propria mente giungerà ad impedirgli anche solo di comprendere il significato della parola "passato", quella notte dei sensi durante la quale, forse, dei ricordi non sentirà nemmeno più la mancanza... «Devo avere vendetta prima di dimenticare tutto».
Lo sguardo del sorprendente Johnny Hallyday è quello di un uomo rotto (d)alla vita, lo sguardo dignitoso ma svuotato di chi s'è posto un obiettivo, è pronto a tutto pur di raggiungerlo, ma è consapevole di non poter più bastare a sé stesso. Così si trova costretto a fotografare tutto e tutti, amici e nemici, affidando a delle Polaroid il compito di far le veci di una memoria ormai in disarmo, per non perdersi ad un passo dall'ultimo obiettivo e arrivare al duello finale sapendo a chi dover sparare e da chi doversi difendere. Intorno a lui si muove un gruppo di attori affiatati e perfettamente calati nei ruoli che Johnnie To ha assegnato loro: sono gli stessi con i quali aveva iniziato (The Mission) e proseguito (Exiled) questo tipo di discorso. Kwai, Chu e Fal Lok (Anthony Wong, Lam Ka-tung e Lam Suet) sono un manipolo di antieroi che risponde, oltre che al dio denaro, ad una propria ferrea morale che pone al primo posto lealtà e fratellanza, e che permetterà loro di non avere alcun dubbio su come schierarsi quando lo sviluppo degli eventi li porterà a conoscenza delle responsabilità del loro laido boss George Fung (Simon Yam): il loro non sarà un tradimento bensì una scelta di campo, quella di stare dalla parte di un loro pari, con un bagaglio di vita simile, lo stesso repertorio morale, e in più il bisogno di qualcuno che lo aiuti a districarsi dalle proprie amnesie.
L'incedere è solenne, l'atmosfera che si respira è di malinconia e straniante amarezza: «Che significato ha la vendetta quando hai dimenticato tutto?» «Se Costello avesse avuto una scelta credi che avrebbe scelto di dimenticare?» «Lui può non ricordare, ma io sì». In questo scambio di battute tra i 3 sicari c'è tutto lo spirito che guida gli antieroi di To, pronti a caricarsi sulle spalle le difficoltà del loro sodale e a fare proprio quel desiderio di vendetta che l'altro non è più in grado di provare, anche a costo del sacrificio estremo. Vengeance è un noir personalissimo e dal passo lento, girato e recitato come una lunga coreografia, non privo di forzature che anziché limitarlo gli donano un irresistibile afflato romantico: da una bicicletta che avanza da sola sospinta dalla forza propulsiva di un proiettile, a un frisbee dai mille colori che volteggia sospeso a mezz'aria lanciato come un guanto di sfida. Tra ralenty e primi piani, tra Peckinpah e Leone, contrappuntato da una colonna sonora calda ammaliante e coinvolgente, Vengeance è attraversato da una miriade di momenti ricchi di suggestioni, sparatorie ed inseguimenti di acrobatica efficacia (partendo dalla stordente carneficina iniziale, passando per la scena tra i boschi, quella tra i cubi di carta pressata nella discarica e per l'intera imperdibile resa dei conti finale), e si conclude con una risata. Una risata affatto liberatoria, anzi sinistra, che racchiude in sé tutta la solitudine e la disperazione di un uomo che ha perso ogni scopo.

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