Regia di Gaspar Noé vedi scheda film
Tokyo. Pusher immigrato 20enne vive con la sorella minore, spogliarellista. Muore, tradito, dopo avere tradito la fiducia di un amico. In punto di morte il suo sguardo (ri)percorre passato, presente, e un ipotetico futuro. Come un 2001: Odissea nello spazio a misura di ottusità adolescenziale, come un concentrato di suggestioni raggrumate nella mente di chi ha sentito parlare, una volta, del Libro tibetano dei morti: Gaspar Noé, al solito, propone un cinema regressivo, che faccia sperimentare allo spettatore i limiti, le semplificazioni, gli stereotipi di cui può cibarsi l’immaginario umano, dando forma a un pensiero ridotto ai minimi termini, a nessi causa/effetto che ne rivelano l’anima egoistica, la dinamica reazionaria, la logica capitalista dei sentimenti. In un tour de force sinestetico e sperimentale tecnicamente impressionante, Noé impone allo spettatore di confrontarsi (e farsi complice osceno) della visione del proprio (mediocre, meschino, umano troppo umano) protagonista, modulando la visione in tre differenti tipologie di soggettiva, passando dallo sposarne lo sguardo allo sposarne il pensiero: eppure non c’è fascinazione, in questo filmcervello dove non esiste mistero, tutto è letterale, sfacciato, The Void è un locale, prima che vuoto esistenziale. Il cinema di Noé (sotto l’egida di Agnès B.) coniuga linguaggi inconciliabili, ha il respiro provocatorio dell’arte contemporanea, è esperienza immersiva che affoga lo spettatore nei propri elementari luoghi oscuri, in rimossi in fondo familiari, stordendo i sensi, prendendosi gioco di forme precostituite di cinema e morale, perturbando. E, dunque, invitando a ripensarsi.
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