Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Dio non esiste sostiene un socialista con aria arrogante innanzi ad una platea sbigottita, o meglio, se esistesse ha cinque minuti esatti per fulminarlo dell'incauta affermazione, ma ciò ovviamente non avviene, anche perchè negli occhi di quel giovane uomo c'è aria di tracotanza mista all'ambizione di divenire, un giorno non troppo lontano, una divinità umana che quella folla ora respinge, quando un domani lo adorerà al grido di "Duce! Duce!"; ebbene si, quella persona è un ancora non troppo noto Benito Mussolini (Filippo Timi), il quale per ora è il direttore del giornale del partito socialista l'Avanti!, il quale vende sempre più copie per via dello stile aggressivo e diretto posto sotto la sua guida. Marco Bellocchio dimostra ancora una volta il suo notevole genio nonostante un panorama cinematografico come quello italiano sempre più sterile e conformista nel suo appiattimento estetico e contenutistico quanto privo di opere in grado di scuotere lo spettatore nel profondo, quindi la visione di un film stratificato e profondo come Vincere (2009) è una boccata d'aria fresca in un panorama asfitico come quello nostrano, dimostrando di essere superiore anche a tante pellicole blasonate provenienti dall'estero.
Bellocchio ha una forte e coerente idea di cinema che porta innanzi sin dal suo folgorante esordio I Pugni in Tasca (1965), il forte rinnovamento contestatario e l'amore per la tradizione come la musica classica spesso s'intrecciano nel suo cinema e Vincere non sfugge alla regola, trovando queste due direttrici perfettamente incarnate nella figura di Benito Mussolini, il quale è eternamente protesto verso un avvenire di grandezza che rompa con l'immobilismo a cui l'Italia a suo dire è stata troppo a lungo relegata, ma per celebrare la grandezza del paese, si erge come un condottiero sullo stile di Napoleone Bonaparte, richiamando al contempo le virtù italiche con riferimenti nei suoi discorso alla gloria dell'antico impero romano.
Rottura e pomposa tradizione s'intrecciano continuamente in Vincere, nel quale la musica classica mista al melodramma rusticano s'intreccia con un montaggio d'avanguardia futurista con la filosofia Hegeliana tramite un turbine vorticoso fatto di immagini aggressive, violente e dirette, che vogliono fare terra bruciata del passato tramite l'imminente scoppio della prima guerra mondiale, con il suo carico di futili speranze su una vittoria che dovrebbe finalmente portare l'Italia nel novero delle grandi potenze. Il corpo di Benito Mussolini, filtrato dalla fotografia dai forti contrasti nei toni scuri di Ciprì, si erge nudo nella sua statuarietà fuori dal balcone di una Milano notturna, lo sguardo dell'uomo è rivolto ad un orizzonte futuro costruito tramite dei flashforward improvvisi in bianco e nero, quest'ultimo colore con cui tingerà il paese per oltre 20 anni, trovando tutt'oggi molti seguaci che tra l'altro aumentano sempre più nel numero. Il futuro duce si presenta nelle vesti di un mefistofelico seduttore dal quale la trentina Ida Dalser (Giovanna Mezzogiorno) si sente fortemente attratta, arrivando ad intrecciare una forte relazione con l'uomo ed impegnare i suoi beni in prima persona per aiutare Benito nei suoi ambiziosi progetti, come fondare il giornale il Popolo d'Italia, percorso necessario nel suo cammino di plagiatore delle masse dopo aver dovuto abbandonare la direzione dell'Avanti! per via delle sue idee interventiste incompatibili con la linea neutralista del partito socialista. Benito si rifà ad un passato certo in cui l'Italia e Roma erano centro del mondo, eppure il suo spirito è in una costante tensione movimentista; prima anti-monarchico, anti-clericale e socialista, quanto reazionario, cattolico e fascista dopo, perchè utile al suo disegno di porsi alla guida del paese senza nessuna restrizione morale e con l'appoggio da parte della stragrande maggioranza del popolo che vedrà in lui la nuova figura da adorare.
Tramite la figura di Ida Dalser, vediamo la vera natura contorta e abietta di Benito Mussolini, poichè la donna sarà la prima a subire sul piano individuale il tradimento del futuro capo del fascismo, tanto ammaliante e seducente quanto propenso alla fuga nel momento di bisogno quando c'è da prendersi le proprie responsabilità portando avanti fino in fondo le proprie idee, ma un uomo viscido che non ebbe neanche il coraggio di combattere sino all'ultimo optando per una fuga andata fortunatamente male, non è in grado neanche in prima persona di risolvere i contrasti tra Ida Dalser, sempre più follemente innamorata dapprima di un corpo ed infine di un'idea di uomo che non corrisponde alla realtà e Rachele Guidi (Michela Cescon), quest'ultima la sua moglie ufficiale.
Anche se le ha dato un figlio, adesso Ida per il futuro duce è divenuta una persona scomoda che può causare scandalo per i suoi progetti politici; per un uomo che vuole raggiungere uno status divino, non può permettersi alcuna imperfezione innanzi ad una massa idolatrante acritica, per quanto giunto al potere Ida viene tenuta dapprima sotto sorveglianza stretta ed infine internata in manicomio, come lo sporco troppo difficile da rimuovere si mette sotto al tappeto occultandone l'esistenza.
Bellocchio riempie il film di omaggi al cinema muto e al mezzo cinematografico come strumento di propaganda per indurre al consenso una montagna indefinita di corpi svuotati di ogni essenza, che si sovrappongono annullandosi con l'immagine dello schermo che proietta in tutta la sua grossolana grandezza un'immagine di perfezione a cui ci si omologa in tutto, trascinanti dalla schietta, pomposa e a tratti un pò ridicola, ma tremendamente persuasiva, retorica di Benito Mussolini, la cui figura proiettata al cinema afferma Ida, è molto più grande di quella con cui lei aveva passato le sue notti.
Per sfuggire alla repressione fascista basterebbe tacitamente omologarsi sperando che essa passi, ma la pazzia della "normalità" della Delser è l'espressione più efficace e temuta di anti-fascismo, la verità ripetuta sino allo sfinimento di chi oramai non ha nulla da perdere e grida con tutto sè stessa il proprio dolore, sperando che qualcuno si svegli dal torpore dell'indifferenza in cui è piombata l'intera coscienza collettiva del paese.
Le nevrosi che attanagliano i personaggi presenti nella filmografia di Bellocchio, questa volta sono sopportate da Giovanna Mezzogiorno, che diviene una moderna Alida Valli di Senso (1954), nel suo sprofondo verso una folle-normalità di chi si vede sempre più massacrata nel corpo e annichilita nella mente da un regime che usa tutti i mezzi per occultare e cancellare la sua esistenza, mentre Filippo Timi ha l'ingrato ruolo di impersonare Benito Mussolini nel suo periodo milanese, divenendo un eccellente personificazione di questa sinistra figura non tanto per la somiglianza, ma nei gesti e nelle movenze restituendoci un duce come una figura diabolicamente demoniaca nel suo pensiero politico-morale, senza scadere in una farsesca esibizione di gesti e caricature che avrebbero restituito una recitazione troppo piegata sullo stereotipo, in cui parzialmente eccede quando deve interpretare il figlio del capo fascista Benito Albino Mussolini, in cui eccede nella rappresentazione troppo in mosse caricaturali con risultati troppo ilari e parzialmente imbarazzanti a vedersi.
Qualche ripetizione di troppo di scene girate con minime varianti, come le scene dei rapporti sessuali tra Mussolini e Ida Dalser filmate con poche varianti e forse anche troppo prolungatamente, ma per il resto ci si trova innanzi ad una vetta del cinema e un capolavoro di alta densità contenutistica, che regalerà sicuramente molte soddisfazioni ad ogni nuova visione e dispiace che, nonostante addirittura le 5 stelle di Morandini (un capolavoro assoluto per il critico quindi), l'opera abbia ricevuto scarsa accoglienza da parte del pubblico e critica nostrana sia cartacea che in rete (3 stelle mymovies e 2.5 longtake), mentre all'estero le reazioni furono molto più positive fortunatamente, testimonianza di un regista che nonostante gli oltre 40 anni dal suo esordio e l'età avanzata, ci offre un film ancora e sempre necessariamente anti-fascista da un'angolazione poco nota (c'era solo un documentario passato su Rai 3 su Ida Dalser), ma al passo con i tempi nel montaggio e nelle scelte artistiche, dimostrando di essere un'artista che non si fossilizza mai e sempre teso in un forte movimento contestatario verso l'autorità e capendo forse meglio di tanti storici e libri accademici la vera natura di Benito Mussolini.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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