Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
E' il miglior Bellocchio che io ricordi perché credo che in questo film ci sia tutto, tutto il suo cinema.
La prima parte è incentrata sulla storia d'amore tra Ida Dalser e Benito Mussolini (magnificamente interpretati da Giovanna Mezzogiorno e Filippo Timi). La loro breve relazione da cui si genererà poi un figlio (Benito Albino) ci viene narrata da Bellocchio con uno stile carezzevole, romantico (un po' insolito per il regista) che colpisce e tocca il cuore. Poi quando Mussolini raggiunge il potere rinnegando i suoi vecchi ideali, disconosce la donna ed il figlio. Lei non si dà per vinta ma finisce in un manicomio. Ma anche lì non si dà per vinta.
Vincere è un film suggestivo, struggente e geniale fin dalla prima inquadratura e perfetto in ogni fotogramma. E' il film dove Bellocchio riesce meglio a coniugare storia e finzione cinematografica (è eccellente il montaggio dei veri cinegiornali in bianco e nero con le sequenze a colori del film perché sembra che tutto stia accadendo nello stesso momento) ed a dar loro un'unica identità, un'unica forma. E' il film di Bellocchio più ricco di sequenze memorabili nella loro tragicità (Ida che s'attacca dispeata all'inferriata del manicomio perché qualcuno la ascolti). E' forse il suo film dove gli attori funzionano meglio.
Ma non è solo un film antifascista. Leggendo tutto in chiave più metaforica, ci accorgiamo che è un film contro il potere, contro le istituzioni, contro il conformismo più ottuso e contro l'informazione della classe dominante. Ed è un film sulla solitudine di chi si scaglia contro il potere, che non può che esser preso per pazzo (come Ida) ed allontanato. Le sbarre del manicomio ed i suoi stanzoni cupi e grigi, letti sempre metaforicamente, indicano un isolamento stringente, soffocante, l'isolamento di chi non s'arrende al potere. E' una parabola dell'anticonformismo e della sua difficile attuazione ed in questo mi ha ricordato molto Il conformista di Bertolucci (anch'esso attualissimo).
Vincere è, forse, il più anarchico dei film di Bellocchio.
E non dimentichiamo poi la critica (sempre attuale) al trasformismo (già presente ne La cina è vicina) che qui s'incarna nella 'conversione' di Mussolini da socialista rivoluzionario a fascista. Che non è che una conversione al potere (più squallido), rappresentata (sempre metaforicamente) nel suo abbrutimento dai capelli che cadono, dalla statura che s'accorcia e dal corpo che ingrassa (Timi è, in realtà, assai diverso dal vero Mussolini ma, probabilmente, non è casuale la cosa).
Con un ritmo serrato che corre sulla disperazione e l'agitazione della protagonista, Bellocchio riesce a farci diventare lei, a farci vedere la situazione coi suoi occhi ed i suoi pensieri. Diventiamo lei perché, all'inizio, anche noi, sostanzialmente, proviamo simpatia per quel Mussolini (anche uno come me, che ha sempre militato dall'altra parte), per quel rivoluzionario che pare non temere l'isolamento e lo scherno dei compagni. Ma poi, quando Mussolini cambia, quando i sentimenti della protagonista cambiano, cambiano anche i nostri sentimenti su di lui.
Il finale, nella sua brevità, nella sua stringatezza, è fantastico, travolgente, lacerante e sorprendente.
Una scena mi è rimasta assai impressa: Mussolini che, giovane, suona la Ninna Nanna di Brahms a sua figlia piccola col violino. Una scena assai romantica che, trattandosi di Mussolini, non può che colpire.
Tabellino dei punteggi di Film Tv ritmo:3 impegno:4 tensione:3 erotismo:1
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