Regia di Michael Haneke vedi scheda film
Non proprio un filmetto leggero. Bianco nero accecante e silenzio assordante, Haneke propina un vero mattone sullo stomaco per chi ha la forza e lo spirito di sorbirsi le oltre due ore di proiezione ma... ne varrà la pena. Da più parti si leggono collegamenti tra la realtà delle giovani generazioni del villaggio e le loro future eventuali predisposizioni al regime Hitleriano; commenti in parte condivisibili ma non in assoluto in quanto la medesima realtà si poteva riscontrare in altri confini (ad esempio, nello stesso periodo,nell'anglicana Inghilterra della rivoluzione industriale) non addivenuti, in seguito, fautori né gestanti di regimi totalitari. Piuttosto, generalizzando, questa è la realtà che a volte si nasconde dietro a coloro che maggiormente dovrebbero garantire la correttezza del buon vivere e, a quanto parrebbe, non solo negli anni antecedenti la grande guerra ma, seppur con toni meno eclatanti, anche ai giorni nostri. Il pastore/educatore che alleva un asettico nido di serpi senza rendersene conto, ennesimo esempio di quanto gli eccessi educativi dettati da assurdi principi etico/moralistici possano incidere sull'animo e sull'educazione dei giovani, dei figli in particolare. Vomitevoli scheletri nell'armadio di quell'altra/alta figura del villaggio che tutt'altro dovrebbe rappresentare: il medico che da iniziale vittima vira, nel corso del film, verso un essere mostruoso e riluttante, autore di comportamenti e atteggiamenti che non ci si aspetterebbe dal più zotico dei contadini. Mogli e figli del barone e dell'intendente, anche loro vittime sacrificali di un perverso mondo chiuso a ogni forma di delicatezza.
Quasi ci potrebbe venire il dubbio di essere finiti all'inferno; la scenografia ci azzecca, gli sguardi inquietanti dei ragazzi pure ma, per nostra fortuna, qualche figura si salva, e tra queste quella del maestro (sua la voce fuori campo e sua la brillante intuizione finale sull'origine del "male" del villaggio, intuizione purtroppo repressa sul nascere) e della sua futura moglie, algida ragazza di sani principi, frutto di un'educazione rigida come si usava ai tempi, ma con le giuste dosi di amorevoli sguardi. Ci si aspetterebbe qualche soluzione finale atta a risollevare il morale dell'incauto spettatore, invece no! L'epilogo è in parte frustrante e solo le marginali informazioni sul futuro di questi due personaggi ci permettono di alzarci dalla poltrona con quel conforto/antidoto utile a combattere l'inevitabile depressione accumulata sequenza dopo sequenza. Saltuariamente il bene sopravvive.
Due citazioni pertinenti:
"La casa è un luogo decisivo nella vita, dove la vita cresce e si può realizzare perché è un luogo in cui ogni persona impara a ricevere amore e a donare amore. Questa è la casa". Papa Francesco.
"Fa che i tuoi famigliari ti rispettino piuttosto che temerti, perché l'amore segue il rispetto più che il timore l'odio". Demostene.
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