Regia di Michael Haneke vedi scheda film
Un villaggio della Germania alla vigilia della Grande Guerra è funestato da eventi sinistri: il medico locale ha uno strano incidente a cavallo, una donna muore a causa di un apparente incidente sul lavoro, un bambino viene selvaggiamente picchiato e un secondo bambino, disabile, subisce la stessa sorte. La vita nel villaggio va avanti, ma tra la gente del posto cominciano a serpeggiare reciproci sospetti e rancori.
L'austriaco Michael Haneke, che con Il nastro bianco si è aggiudicato la Palma d'oro per il miglior film al Festival di Cannes, confeziona un'opera corale sul tema della società patriarcale: l'educazione severissima e rigidamente formale impartita ai bambini - veri protagonisti del film - è l'humus sul quale di lì a vent'anni avrebbe germogliato il nazismo. Omertà e delazione, famiglie disfunzionali, vessazioni psicologiche e fisiche nel film sono tutte declinate secondo l'imperativo dell'onora il padre. Haneke ne sottolinea le aberrazioni con un bianco e nero che accentua i contrasti tra il bene e il male e con una poetica del fuori campo che, con una sola eccezione, ripropone la presenza di una malvagità inafferrabile che affonda le sue radici nelle colpe di chi la cerca (come già accadeva in Niente da nascondere), nei devastanti anticorpi generati da quella stessa terribile educazione repressiva. Come in tutti i film di Haneke, anche in quest'opera fluviale (oltre 2 ore mezza di durata) lo stile - sottolineato dalla voce off del maestro del villaggio diventato ormai anziano - è distaccato e senza partecipazione verso le paturnie dei personaggi, velatamente morboso e disturbante, mentre le atmosfere, cupe e suggestive, ricordano quelle di Scene di caccia in bassa Baviera. La musica è assente.
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