Regia di Michael Haneke vedi scheda film
Decisamente un film alla Haneke, che da buon ejzenstejniano fa convergere e coniuga tutte le particolarità dell'opera al tema/ritmo di base: la repressione (di qualsiasi specie, del piacere prima di tutto), con tutte le cause e conseguenze. La violenza in cima alla lista.
Fanno quasi pietà, e allo stesso tempo intimoriscono questi bambini che devono mostrarsi buoni, ma che buoni non sono. Forgiati nel dolore delle percosse e nella severità delle punizioni, non possono che sfogarsi con i più deboli o, come viene dichiarato apertamente, con i "diversi".
Allo stesso modo agisce questa fotografia in bianco e nero, che a tratti ti culla, ti raddolcisce, per poi improvvisamente aggredirti con campi innevati o abbagliarti progressivamente con lente transizioni (la prima inquadratura, l'incidente a cavallo).
Anche la regia segue per lo più questo schema, si nota particolarmente nei numerosi long take e piani sequenza, con la cinepresa che resta fissa a lungo, concedendosi solo lievi aggiustamenti, per poi sorprenderti con ampi e precisi movimenti acrobatici.
Le musiche, esclusivamente diegetiche, sono assai rare, e ad aggredirti qui è il rumoroso silenzio che fa da sfondo all'intera pellicola. Nei titoli di coda lo definirei glaciale.
I dialoghi, dal tono aulico ed estremamente formale, assumono in almeno due occasioni un lessico assai crudo, spiacevole, disturbante (vedi lo sfogo del medico con la compagna, con una delle battute più belle del cinema: "ma perchè non muori?").
Ottima l'interpretazione di Burghart Klaussner, il reverendo austero e rigoroso. Molto convincente.
Meno convincente l'unico effetto speciale della pellicola (che tra l'altro la apre): la caduta da cavallo. Potevano metterci un pochetto più d'impegno.
Decisamente un film che non lascia indifferenti, sotto nessun punto di vista.
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