Regia di Michael Haneke vedi scheda film
Capolavoro. E senz'altro il film più riuscito tra quelli firmati da Haneke. E gli elementi che ti catturano il cuore (oltre al cervello, naturalmente) sono più d'uno. Intanto una sceneggiatura sapiente che implica un'evoluzione dei fatti da "giallo" con fortissime tinte dark. Avvincente infatti il succedersi di questi eventi misteriosi che accadono lungo tutto il film, calati in un'atmosfera ambigua, piena di presentimenti oscuri, di segni indecifrabili, di interrogativi incombenti, di gesti senza significati apparenti. I due giovani innamorati protagonisti sono persone semplici, dal cuore tenero, dall'indole umile e dolce, ma attorno a loro si muove un universo oscuro, un verminaio di persone bacate, ossessionate, crudeli, contaminate dal virus del Male, custodi di pensieri malefici e di orribili intimi segreti. E in questo inferno sono coinvolti anche i bambini, anch'essi estremamente ambigui, misteriosi, detentori di segreti inconfessabili. Quei bambini che dovrebbero per definizione essere portatori di suprema innocenza, ne nascono già privi, in quanto eredi di genitori corrotti e contaminati dal Male. Tutto questo "marciume" è narrato da Haneke secondo modalità semplicemente sublimi. Lo spettatore viene catturato da questa vicenda torbida, talmente oscura e palpitante di drammatica umanità da appassionare fin dalle prime inquadrature. Detto che la sceneggiatura è fortemente attraente (per inciso frutto del genio dello stesso Haneke) diciamo anche che il regista si è avvalso di un cast fantastico, composto di attori superlativi, attori che superano in talento parecchi loro sopavvalutati colleghi hollywoodiani. Ovviamente, per quanto alcuni di quei volti mi pare di averli già visti, essi appartengono a nomi talmente "crucchi" che proprio non me la sento di riportarli qui, sarebbe una missione impossibile. Altro fattore vincente, dopo sceneggiatura e cast, è lo stile di Haneke; una regìa impeccabile nella quale è difficile individuare anche il più piccolo dei difetti; una messa in scena sobria, raffinata e gelida, geometrica, che genera malessere diffuso nell'animo dello spettatore. E ho tenuto per ultimo il fattore forse più importante: un efficacissimo, straordinario, emotivamente coinvolgente, stupendo bianco e nero. Un bianco e nero -peraltro frutto di un processo tecnico piuttosto complicato- che fa innamorare, davvero. Il film dura una piccola eternità (145 minuti) e possiede in questo senso una caratteristica singolare, da aggiungere ai meriti della pellicola: è dotato di tempi che si fanno a tratti molto dilatati, eppure non annoia mai, e credo di poter spiegare il perchè. A parte il fatto che lo spettatore fin dall'inizio a certi tempi lenti si abitua di buon grado conquistato da una sceneggiatura che -appassionandolo- lo "piega" a quei tempi, di spiegazione ce n'è un'altra: anche quando la macchina da presa indulge sui volti o sugli sfondi, lo spettatore non cessa mai di godere -letteralmente- di quell'incredibile bianco e nero, talmente seducente allo sguardo da rendere impossibile un calo d'attenzione. Siamo all'inizio del '900, in un villaggio tedesco, dove accadono strani eventi apparentemente inspiegabili, ma che in mancanza di colpevoli e di plausibili moventi, tutto fa pensare siano da attribuire ai ragazzi del posto, decisamente irrequieti ed infelici poichè oppressi ed educati secondo criteri estremamente rigidi. Vediamo sfilare una galleria di personaggi uno più malefico dell'altro. Un dottore vedovo che abusa della giovane figlia e riversa sulla governante-amante un odio talmente sprezzante da risultare inaccettabile (c'è un memorabile dialogo che lascia attoniti gli spettatori in cui il medico esprime alla donna tutto il suo disprezzo, e credo mai prima d'ora d'aver assistito al cinema ad una scena di umiliazione così inaudita...). Eppure quest'uomo ipocrita è rispettato e stimato dalla comunità, che è preoccupata per lui quando, cadendo da cavallo, è vittima di un incidente. Poi c'è un laido sovrintendente, anch'esso in odore di attenzioni pedofile verso una giovane bambinaia. Ma la figura centrale (peraltro rappresentata da un attore magnifico!) è quella del Pastore, un uomo "malato", ossessionato dalla morale e dal rigore, che non esita -naturalmente in funzione educativa- a ricorrere alla frusta coi suoi figli, che egli pretende di crescere puri ed incontaminati. Arrivando perfino a legare le braccia al letto ad uno di quei figli, per impedirgli di masturbarsi. Poi c'è il Barone, altro bel "galantuomo", che nel villaggio è considerato un pò il padrone di tutto e di tutti, altra figura ipocrita di "Signore" che domina su tutto ma che in qualche occasione concede la sua "magnanimità" verso il popolo ignorante che lo teme e lo rispetta, come quando alla festa del raccolto invita tutti quanti a bere e mangiare a volontà. Salvo poi veder affiorare vecchi scheletri sotto forma di nuove incrinature, come quando la "brava moglie" di punto in bianco lo pianta in asso alla fine del film. Bell'ambientino, insomma. In questo scenario alquanto disgustoso, si muovono non senza difficoltà i due giovani amanti: il maestro trentenne del villaggio, che è dipinto come "buono" forse perfino con toni eccessivi, al punto che francamente appare anche un pò coglione, e la timidissima e castissima bambinaia sua promessa sposa. Tra l'altro è proprio la voce narrante del maestro, nel frattempo diventato vecchio, che ci guida attraverso tutto l'evolversi della storia. E qui devo aggiungere che il doppiatore italiano di questa voce fuori campo ha fatto davvero un ottimo lavoro. Questo film ha un suo senso, piuttosto chiaro ed evidente. Vale a dire la teoria che tutto questo ribollire di ipocrisia, rigore, autoritarismo esagitato, sopraffazione morale, puritanesimo sadico...ecco, tutti questi elementi messi assieme, hanno costituito il terreno più fertile e propizio per l'avvento del Nazismo. Una parabola storica-politica-sociale che tende ad essere universale: il rigore fanatico teso a perseguire ideali di disciplina e (utopistica) purezza contiene in sè i germi del Male, e da esso non può che scaturire ogni forma possibile di fascismo. Teoria che personalmente condivido, e che trovo interessante sia a livello di indagine storica e politica, sia sotto il profilo letterario/cinematografico. Teoria che però ha già generato i mugugni di qualcuno (detrattori di Haneke?) che l'ha tacciata di "semplicismo". Ma forse -la butto lì- si tratta solo di qualche personaggio che non ha gradito certi giudizi negativi rilasciati da Haneke sulla attuale situazione politica italiana nel corso di recenti interviste. Non c'è da stupirsene: anche fra i giornalisti di cinema esistono i "servi"....Grande film da non perdere.
Voto: 10
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