Regia di Ken Loach vedi scheda film
Eric fa il postino e gira a vuoto. Nel senso che la sua vita è un gran casino, la famiglia disfunzionale scoppia, il lavoro non aiuta, l’ex moglie (forse) non lo rimpiange, il figlio è nei guai con un tipaccio della mala… Basta poco per cadere in depressione, nonostante un gruppo di amici solidali e vicini. In uno dei momenti peggiori, il brav’uomo scivola in un delirio dickensiano, ma al posto di incocciare nel fantasma di un passato Natale si ritrova l’idolo del Manchester United, Éric Cantona, come personal trainer. Con lui ricomincia a vivere, a reagire, assaporando la gioia della risalita dall’abisso. Favola sociale di Ken Loach e Paul Laverty, sceneggiatore-complice. Pare scritta da un Frank Capra socialista, e infatti termina con un tripudio di pugni chiusi e maschere di Cantona. L’unione fa la forza: forse neppure Ken il rosso ci crede più davvero ma qui si stampa la leggenda, sempre e comunque. E poi resta l’amore per i personaggi, oggi così poco praticato. In tempi di dismissione di qualunque concetto di classe, in un Paese, la Gran Bretagna, che ha abolito per decreto thatcheriano le problematiche sociali, Loach pare veramente un regista fuori dal tempo, un Pierrot lunaire della rivoluzione che esiste e resiste nonostante gli avversi conformismi. Non tutti i suoi film sono memorabili, e questo, pur essendo piacevole, è esile; però lui non molla, esattamente come Cantona nella mischia in area. Proprio il magnifico marsigliese è, ça va sans dire, il valore aggiunto, rivisto sui titoli di coda nei suoi momenti calcisticamente migliori. Del film è anche coproduttore, segno che ci ha creduto fino in fondo, nonostante l’Eric del titolo sia soprattutto l’altro. Però, diciamolo: gli occhi sono puntati sul francese, così facilmente a proprio agio in un contesto “maschio”, dove alla solidarietà di classe si sostituisce senza troppi rimpianti quella dello spogliatoio. Un po’ come il terzo tempo del rugby: anche qua, a bordo campo, una pinta di birra, una stretta di mano e una spalla (poderosa) su cui eventualmente piangere.
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