Regia di Ken Loach vedi scheda film
Nonostante la partecipazione straordinaria di Cantona, il calcio c'entra poco o niente con questo film. E' la storia di un frustrato ometto vessato dalla vita, incapace di voler bene al prossimo, compresi i figli, per sua stessa sfiduciata rinuncia. La visione di Cantona è il segno di uno squilibrio arrivato all'apice, appena entrato nello stadio preoccupante delle allucinazioni, ma è anche la cosa più sensata che può succedere al protagonista in quel momento della sua caotica vita: Eric (il postino) ha tanto da dare, ma è disperato per questo suo non sapersi offrire al prossimo. Il fantasma del suo mito calcistico gli darà le forze per agire, con un finale comico irresistibile a chiudere una storia composta da situazioni struggenti, rapporti complicati, dialoghi insoddisfacenti, conflitti generazionali, cattive (disastrose, anzi) compagnie. Eric (il calciatore) se la cava come attore, anche perchè non ha molto lavoro da fare; l'idea del tributo ad uno dei più grandi calciatori francesi della storia è comunque ammirevole e perfettamente riuscita.
Un postino di mezza età ha una vita incasinatissima: due figli adolescenti (con uno dei quali, frequentatore di 'cattive compagnie', ha un rapporto difficile), un'altra figlia avuta giovanissimo, da una donna che immediatamente dopo lasciò; ora questa figlia è diventata madre e lui cerca di riapprocciarsi a lei e al nipote. A sbloccare l'uomo arriva quindi una visione delirante: è Eric Cantona, il suo idolo calcistico, che gli dice cosa deve fare.
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