Regia di Peter Jackson vedi scheda film
Un Jackson forse minore con una strepitosa Saoirse Ronan. Un film comunque delizioso, malgrado sia sostanzialmente un horror. La Ronan qui fu superba, oggi è delightful. Poi, diciamocela, ora ha due gambe da favola, non nera. Gran figa da paura!
Oggi parliamo di Amabili resti (The Lovely Bones).
Distribuito sui nostri schermi in data 5 Febbraio 2010 dopo la tiepida accoglienza ricevuta oltreoceano.
Ebbene, in seguito all’ambizioso e faraonico King Kong, Peter Jackson spiazzò nuovamente tutti. Perfino i suoi fan. Poiché per l’appunto, dopo l’altissimo budget impiegato per la realizzazione del suo colossal succitato, anziché proseguire immediatamente verso la grandeur produttiva, decise di dirigere un film minimalista, spendendovi di tasca sua, assieme alla Dreamworks, soltanto 65 milioni di dollari. Cifra comunque alta ma ridicola se messa ovviamente a confronto con titanismi finanziari come lo stesso King Kong e la sua fastosa saga storica de Il signore degli anelli.
Per Amabili resti, Jackson optò per il sorprendente adattamento del romanzo omonimo di Alice Sebold. Curandone come sempre lo script, sorretto in fase di sceneggiatura dai suoi immancabili compagni di penna fidati e affidabili, cioè Fran Walsh & Phillipa Boyens.
Allestendo uno spettacolo dal minutaggio ragguardevole, equivalente a due ore e un quarto, certamente però del tutto inferiore ai suoi usuali standard che si aggirano attorno alle tre ore e oltre.
Amabili resti, così come sopra accennatovi, fu severamente stroncato dalla Critica statunitense. Parimenti, scontentò gran parte del pubblico che rimase alquanto interdetto dinanzi a questo strano oggetto cinematografico fortemente inquietante e al contempo misticheggiante, in zona new age leggermente dolciastra, stilisticamente e diegeticamente indeciso se intraprendere con schietta ed equilibrata poetica una direzione precisa. In quanto forse non sempre appassionante nel suo sbilenco oscillare e ondeggiare incertamente fra l’essere un crime-drama convincente dalle cupe tinte nere, echeggiante perfino atmosfere da Il silenzio degli innocenti, e un thriller dalle metafisiche venature fantastiche probabilmente non del tutto coese in un’omogenea registica prospettiva dallo sguardo cristallino, netto e deciso.
Trama, sintetizzata all’osso (è il caso di dirlo):
siamo in Pennsylvania, nel 1973. Veniamo subito immersi in una dimensione famigliare felice e serena in cui assistiamo al quieto scorrere della vita normale e borghese della famiglia Salmon, costituita dal padre ragioniere Jack (Mark Wahlberg), appassionato di modellismo di galeoni in miniatura, dall’avvenente sua moglie Abigail (Rachel Weisz), amante della lettura dei classici della letteratura, e dai giovanissimi figli fra cui l’adolescente quattordicenne peperina ma timida Susie (Saoirse Ronan). Innamorata perdutamente del suo compagno di scuola, il moro Ray Singh (Reece Ritchie). Nel mezzo, anche l’affettuosa nonna Lynn (Susan Sarandon), sempre prodiga di buoni consigli da dare alla sua nipote pupilla, cioè Susie. Incombe poi un clima via via tetro fino al deflagrare d’una tragedia mostruosa.
Di lì a poco, infatti, quest’armonia perfetta viene distrutta dalla macabra uccisione e dallo stupro ai danni della povera Susie da parte dell’insospettabile vicino di casa, George Harvey (Stanley Tucci).
Susie è sospesa in una sorta di limbo al di là della vita terrena nel quale, come una presenza fantasmatica, traumatizzata e non immantinente cosciente di quanto nefastamente accadutole terribilmente, vaga angosciata in tale particolare purgatorio variopinto.
George Harvey sarà incriminato per il suo osceno reato?
Amabili resti è un film amabile o disprezzabile, meritò di essere stato un flop oppure andrebbe quanto prima rivalutato, col senno di poi, più obiettivamente?
Nella prima ora funziona benissimo e Peter Jackson, memore del suo eccezionale lavoro visivo, compiuto con gli spettri di Sospesi nel tempo, ci stordisce, ammalia e delizia con un paio di trovate davvero non male.
Storie simili le abbiamo già viste, vagamente, in molte pellicole a tematica affine. Emblematici, in questo senso, i film Ghost e Il sesto senso. La voce narrante, semi post-mortem della protagonista principale, ovvero proveniente da un indefinito oltretomba onirico, potrebbe inoltre ricordare lo stratagemma narrativo del racconto a mo’ di analessi, reminiscente alla larga Viale del tramonto di Billy Wilder.
Però, dopo una prima parte tesa e compatta, incalzante e dal ritmo serrato, il film lentamente perde la sua forza perturbativa, perdendosi in una messa in scena troppo indulgente verso un ricattatorio, catartico buonismo melenso poco in linea, quindi stonato, rispetto alle premesse thrilling del suo nerissimo incipit.
Saoirse Ronan, comunque, è bravissima. Sono trascorsi solamente circa dieci anni dalla sua mirabile prova in Amabili resti e, oggi, la Ronan è divenuta una delle giovani attrici, non ancora trentenni, più belle, affascinanti e ipnotiche del Cinema hollywoodiano.
Guardando difatti la sua prova in Amabili resti era piuttosto visibile ed evidente il suo immane, naturale talento recitativo veramente impressionante.
Forse, a conti fatti, è la vera nota di merito indiscutibile di un film parzialmente riuscito, quindi sbagliato. Scisso, come detto e qualitativamente parlando, in due tronconi bipolari, considerevolmente e negativamente scollati fra loro.
Come si suol dire, Peter Jackson, nel corso della narrazione da lui trasposta in immagini naïf talvolta grondanti retorica un po’ indigesta, ha perso aderenza al terreno. Scivolando in un finale banale e stucchevolmente zuccheroso.
Peccato. Perché Amabili resti, se avesse prestato fede, in termini puramente cinematografici, al notevole impianto del suo segmento iniziale, brillante e al contempo raccapricciante, emanante adrenaliniche sensazioni di tremenda paura a fior di pelle, sarebbe stata l’ennesima perla di un regista pressoché intoccabile e senza dubbio assai coraggioso e geniale.
Stanley Tucci fu grandemente acclamato per la sua performance del serial killer pedofilo e guadagnò una nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista. Ma a noi è apparsa di maniera.
di Stefano Falotico
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