Regia di Peter Jackson vedi scheda film
Ogni film racconta di vita. Qualche film racconta di morte. Mai nessuno, i miei occhi avevano visto, raccontare la vita attraverso la morte. "Amabili resti" è la cronaca di "vita" di una ragazzina brutalmente uccisa da un uomo tanto insospettabile quanto malatamente perverso. Un racconto essenziale ma minuzioso che rende lo spettatore partecipe di un dolore rabbioso che serra lo stomaco. Se descrivere il paradiso è difficile, rappresentarlo può risultare ridicolo e sminuire il ruolo che esso ha, almeno nella cultura cattolico/cristiana, invece Peter Jackson riesce a raffigurarlo in modo da farlo sembrare concreto. Entra in punta di piedi in quel luogo ignoto e lo trasforma in un sogno felice accessibile a tutti. Prati immacolati, cieli azzurri, campi di granturco, fiumi e mari calpestabili, universi di beltà che vengono invasi da frammenti di realtà, crudele, in cui aleggiano i vivi (osservati dalla "morta" Susy, a cui da l'anima Saoirse Ronan in modo asfissiante e credibilmente commovente, in grado di farci individuare e giustificare quegli amabili resti che ogni uomo cerca in ogni perdita terrena) con il volto impassibile di Mark Wahlberg e quello inespressivo di Rachel Weisz, il corpo di Susan Sarandon che sovrasta ogni ingannevole e fasulla buona recitazione di chiunque altro che non abbia le sue aggraiate e isteriche movenze e l'affranto dolore che mostra sul volto e poi lui, l'ossessivo maniaco che, se guardi negli occhi, provoca nausea e scaturisce odio. Gli occhi vitrei di Stanley Tucci penetrano nella mente e scuotono più di quanto furono in grado di fare quelli di Anthony Hopkins ne "Il silenzio degli innocenti".
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