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Amabili resti

Regia di Peter Jackson vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Amabili resti

di Marcello del Campo
6 stelle

 
Cara Susie Salmon, ho letto la tua storia nel 2002 nello struggente romanzo di Alice Sebold, una storia che somiglia a tante storie di bambini uccisi da ‘mostri’ insospettabili che abitano nella casa di fianco. Non so se abiti ancora nel quartiere di di Norristown in Pennsylvania, ma sono certo che dovunque si siano trasferiti tuo padre Jack e tua madre Abigail, tu continui a guardarli dal tuo Cielo, il paradiso degli innocenti violati e uccisi. Mi perdonerai se non credo a questa favola bella, ma mi piace pensare che i morti ci guardano dalle fessure incantate di splendidi paesaggi e che talvolta si trovino dietro gli specchi mentre ci rimiriamo e che un fiore, una rosa, miracolosamente schiuda i suoi petali per mostrare la presenza delle anime defunte. È un espediente letterario che funziona (Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e spesso per lei si vive con l’amico estinto e l’estinto con noi), è una necessità cui ‘gli amabili resti’ si stringono perché i morti continuino a vivere dentro di noi, ma chi ci assicura, Susie, che questo sia vero? Tutti siamo aggrappati a questa pia speranza, che esista un paradiso dei bambini, che tu e Holly percorriate le rotte di nuvole azzurre e paesaggi di sogno, dove giocate a rincorrervi come se l’aldilà fosse una splendida cartolina New Age. Perché, Susie Q. (Jack ti chiamava così, in ossequio alla pop star?), il film che Peter Jackson ti ha dedicato rischia di somigliare a una canzonetta che da noi in Italia è famosa e i bambini fanno ‘oh’. Tu sola conosci la violenza che ti è stata inferta, tu hai visto balenare nelle mani di mister Harvey, il vicino di casa, il rasoio che ti ha fatto a pezzi quel 16 dicembre del 1973. Peter è straordinario quando racconta l’orrore: l’antro dell’assassino, il fiume di sangue, le bacinelle insaponate, la cancellazione delle tracce del misfatto, il ghigno soddisfatto dell’orco. Peter poteva riuscire a fare il capolavoro, superare Il buio oltre la siepe, erigere un monumento in tuo  ricordo. Dove è finito il poeta delle Creature del cielo, quel film bellissimo che già parlava di te, di tua sorella Lindsey, di tuo fratello Jack? Mi spiace dirtelo, sai quanto mi costa pensare che Peter abbia sbagliato a costruire un kolossal per raccontare una storia senza la ‘tenerezza’ che spetta alle vittime della violenza; invece ha preferito l’esibizione di un ingegno sottomesso alla logica del blockbuster: dopo i fasti del Signore degli Anelli e un mastodontico King Kong deve essersi montato la testa. Tu, Susie Q. meriti immensamente di più di quanto la macchina hollywoodiana ti abbia regalato: non si trattano così le creature del cielo, non si può confondere la tragedia con il gioco del reverendo Dogdson, non si può tollerare il miele che cola sulle ferite aperte dei padri in affanno. Non si può spettacolarizzare la morte violenta con infusioni di languori estetizzanti. Molti spettatori resteranno incantati, non parrò loro vero di potere versare lacrime come accadde con Ghosts, diranno che tuo padre Jack è il migliore Mark Wahlberg che si sia mai visto, che tua madre Abigail è la sempre stupenda Rachel Weisz, anche il tuo assassino, mister Harvey, è un irriconoscibile straordinario Stanley Tucci, che Susan Sarandon porta magnificamente gli anni, rinnovando i fasti danzanti della sua giovinezza, che c’è anche Michael Imperioli (sai, quello dei Soprano) che ha imparato a recitare, in effetti il suo detective Len Fenerman merita, anche Brian Eno che ha scelto per la soundtrack pezzi arcinoti avrà la la sua parte di consensi, una cosa per me è sicura: Saoirse Roman è la migliore.
Addio, Susie Salmon, vado a rileggermi il romanzo di Alice Sebold.
(Nota: confrontare The Dead Girl)
 

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