Regia di Wang Bing vedi scheda film
Con questa recensione, concludo il lungo tour de force che m'ha portato a pubblicare tutte le recensioni che avevo in "parcheggio" qui sul sito, poichè ero stufo di limarle e correggerle e tanto siccome non aspiro a diventare un critico, nè ho studiato per tali scopi, mi sono deciso a pubblicarle tutte ed questa opera è da perfetto suggello di questo ciclo, perchè poi l'attività del sottoscritto nella pubblicazione di recensione, subirà un rallentamento necessario.
Devo ringraziare in primis però la playlist pubblicata dall'utente EightAndHalf sui cineasti invisibili e nello specifico, quella dedicata al documentarista cinese Wang Bing. Devo ammettere che ho visionato la suddetta opera per motivi ben poco nobili, poichè avendo scoperto che durava oltre 9 ore, ho pensato che fosse una figata testare i propri limiti e vedere tutto di fila un film del genere, battendo il record personale con Satantango di Bela Tarr (1994); peccato che il sottoscritto abbia fallito nell'impresa (ho dovuto dividere la visione in due parti, Ruggine e Vestigia in un giorno e la terza parte Rotaie in quello successivo) ed infine abbia scoperto che lo stesso regista con un'altra opera di nome Crude Oil (2008), s'era superato, poichè arrivato a 14 ore.
Alla fine non tutte le stupidate si esauriscono nel nulla, visto che alla fine ho finito con il vedere una delle opere cinematografiche chiave del nuovo millennio; ed inoltre scoprire anche che ha incontrato un fortissimo gradimento soggettivo, poichè vedere certe pellicole ti dà uno spazio di intimità, in questa società odierna delle immagini, che sforna film a ripetizione con cui bombadarti, ma alla fine finiscono solo per lasciarti stordito per lo più.
La rivoluizione digitale sul finire degli anni 90', ha fatto si che il cinema fosse alla portata di chiunque, visto che ha abbassato in modo considerevole i costi per girare e sopratutto ha allargato gli orizzonti e tracciato nuove frontiere tecniche, sfruttabili da registi con tanta voglia di fare, liberi finalmente dal supporto fisico della pellicola (oggi possiamo girare un video in alta definizione anche con un cellulare). Tarantino continua a dire che la pellicola è meglio e quant'altro (trovando grazie al suo clamore mediatico tanti sostenitori tradizionalisti), sembra che con le sue dichiarazioni voglia fare terra bruciata e stabilire cos'è cinema e cosa non lo è, imprimendo una sorta di monopolio "economico" sul cinema, visto che senza il digitale, molti registi "invisibili" non potrebbero neanche girare. Wang Bing invece è un cineasta intelligente, poichè ha capito subito le potenzialità del digitale e della rivoluzione fluida di cui esso si fà portatore. Con l'ausilio di una videocamera Panavision e senza alcuna autorizzazione (cosa che presumo avrà creato qualche grattacapo al regista in patria, e naturalmente non mi riferisco di certo alle mere critiche), il regista tramite dei lunghissimi piani sequenza ed un montaggio essenziale, ci mostra l'epopea finale delle rovine lasciate dall'affermazione capitalista. Il cinema di Wang Bing è senza compromessi e senza sconti, non è il film che vive in funzione dello spettatore, ma siamo invece noi a dover programmare la nostra vita in funzione del film. Il cinema di resistenza del regista, non è una mera questione di facciata (come magari potrebbe far supporre la durata), ma si concretizza nell'andare alla ricerca di nuove immagini, e cosa più della realtà può fornirle? Le immagini che il cineasta inquadra e consegna alla creazione digitale, sono ritratti di un'umanità ai margini, nascosta, non esistente a livello ufficiale visto che il sistema preferisce tenerla occultata, ponendosi invece a favore di immagini laccate, propagandistiche e "pulite" create ad arte per far presa sul pubblico e quindi la propaganda. Il primo livello della battaglia del regista, contro il governo Cinese (ma in generale possiamo astrarre, e metterci qualsiasi organizzazione o altro stato internazionale) si pone su questo imprescindibile punto, cioè, il recupero dell'autenticità dell'immagine.
Wang Bing ci mise ben 3 anni per fare questa enorme testimonianza, ritrovandosi tra le mani oltre 300 ore di girato. A seguito del successo critico di alcuni spezzoni mostrati, il regista ridusse il tutto ad una durata "più umana" (si fà per dire) di 9 ore circa. La pellicola è divisa in tre parti, ognuna delle quali inizia da un determinato status quo msotratoci, per poi andare semprep iù in un crescendo drammatico.
- Ruggine : E' la parte più lunga, di durata 4 ore. Come da titolo, il regista ci conduce nel complesso industriale vero e proprio andando in mezzo agli operai che ancora hanno la fortuna di lavorare nelle poche fabbriche ancora aperte alla fine del vecchio millennio. Più si và avanti e più la tensione drammatica aumenta, poichè per molti di questi operai il lavoro era tutta la loro vita (nonchè un mestiere che si tramandavano di padre in figlio alcuni di loro) come è possibile intuire dalle chiacchiere che si scambiando tra loro o qualche volontaria confessione/sfogo che fanno innazzi alla videocamera del regista.
I corpi degli operai sono tutto tranne che perfetti, sporchi, lerci, alcuni di loro anche malati poichè lavorano con standard di sicurezza inesistenti (una colata di acciaio fuso si riversa sul pavimento e non c'è alcuna misura di sicurezza specifica di contenimento) e per loro, non c'è alcuna prospettiva, nè futuro vista la mancanza di qualsiasi tipo di ammortizzatore sociale. Subiscono passivamente il tutto, qualcuno trova il coraggio di lamentarsi proponendo soluzioni abbastanza semplicistiche, nonchè ingenue agli occhi di chi studia economia, eppure il sistema del libero mercato e la concorrenza spietata al massimo ribasso, hanno portato a questi risultati... incuranti di ciò, tutti noi continuiamo a vivere nel nostro individualismo più assoluto, limitandoci a coltivare il nostro orticello. Oramai nel distretto industriale nel quale si aggira il regista, l'unico rumore che si finirà con il sentire in futuro, saranno gli scricchiolii degli edifici arrugginiti dei capannoni industriali sempre più pericolanti, vistas la mancanza di manutenzione (non che ve ne fosse in quelli ancora in attività).
- Vestigia : Comincia con una lotteria di inizio anno all'insegna della speranza, e finisce con una totale distruzione. In questa parte, il regista si concentra sulla zona degli agglomerati urbani dove risiedono gli operai e le loro famiglie. Tralasciando l'assoluto squallore degli alloggi (che spesso sono baracche tenute in piedi da non so manco cosa), Wang Bing si sofferma sui giovani ragazzi (la nuova generazione), che pagherà lo scotto del libero mercato e dal passaggio da un'economia pianificata ad una capitalista. Questi ragazzi sono assolutamente privi di punti di riferimento e vagano tra fatiscenti vie, campando alla giornata pensando solo al presente. Il regista in questo caso, decide anche di porgere delle domande in prima persona a questi ragazzi (cosa che il cineasta non ha fatto mai in precedenza), ma le risposte ottenute sono prive di coerenza logica, poichè manca il pensiero alla base. Questa parte si conclude con gli svariati ordini di demolizione impartiti dalle autorità, c'è chi supinamente si prepara ad andarsene, chi vende qualcosa sperando di potersi fare un futuro e chi giura di opporre resistenza perchè oramai non ha più nulla e se deve essere privato anche di un tetto, tanto vale rischiare grosso contro le autorità. Nella sezione Vestigia, Wang Bing a differenza della precedente sezione, dove utilizzava una macchina da presa statica, qua è molto più dinamico ed inadaga in prima persona, anche compiendo "incursioni" personali nelle case.
- Rotaie : Data l'enormità del distretto di Tiexi, si fà prima ad utilizzare il treno merci che lungo le tortuose rotaie che si snodano ad anello circolare, nelle articolazioni del complesso industriale per portare le materie prime. Assistiamo al lavoro dei ferrovieri e un paesaggio industriale oramai in completa rovina. La crisi da sociale si fà individuale, poichè il regista decide di concentrarsi sulla figura del vecchio Du e suo figlio Yang che vivono in un edificio abusivo. Nonostante il vissuto doloroso dell'anziano signore (arresto del padre e lavori forzati), un barlume di speranza pervadono sempre sia lo sguardo che gli occhi del vecchio. Verrà arrestato dagli agenti e attendiamo nel finale insieme a Yang (commovente l'affetto totale e sincero verso suo padre quando mostra delle fotografie in una scena, che porta a far si che lo spettatore si commuova per cose reali spingendolo a riflettere), la sua liberazione e il ritorno a casa.
Un lungo viaggio di 9 ore di durata; il distretto industriale ha dato, sviluppato e creato lavoro, per poi distruggere tutto ripiegandosi su sè stesso... dalla piccola luce di speranza nel finale, intuiamo che da questo ammasso di ferro e lamiere arrugginite potrà rinascere qualcosa, ma un pessimista come il sottoscritto ne dubita fortemente, visto che la fiumana del progresso non lascia alcuno scampo. Una visione mastodontica e forse inedita quanto originale per gli utenti (pochi penso), che leggeranno il mio lungo commento e spinto da esso vorranno cimentarsi nella visione di un documentario che non vuole dimostrare, ma solo mostrare. Per questa autentica opera di testimonianza dove il regista vive in simbiosi tra gli operai e le loro famiglie, tanto da essere un tutt'uno con loro (in un certo senso sembra essere "accettato"), Il Distretto di Tiexi non si limita a tracciare nuovi orizzonti per i documentari, ma si fà manifesto per abbattere le nuove frontiere e andare verso nuove mete inesplorate. Il 900' s'è concluso con l'affermazione del capitalismo sul comunismo, e tale sistema economico sembra essere l'unico possibile secondo sedicenti economisti. Visti i prodotti e gli scarti a cui l'economia libera di mercato ha negato persino la possibilità di avere una voce, capiamo che non è possibile. Possiamo auspicare che dalle macerie del distretto industriale (e del fallimentare secolo precedente), possa l'umanità trovaare una nuova speranza e una nuova strada per l'avvenire futuro verso un nuovo orizzonte di vita (simboleggiata dal treno lungo le rotaie).
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