Regia di Spike Jonze vedi scheda film
«Quella sera Max si mise il costume da lupo e ne combinò di tutti i colori» si apre così Nel paese dei mostri selvaggi, il libro cult di Maurice Sendak (1963, edizione italiana Babalibri), scrittore e illustratore americano di fiabe, che mai avrebbe immaginato di vedere il suo romanzo-haiku (39 pagine di disegni e un brevissimo testo) diventare il kolossal di Spike Jonze Nel paese delle creature selvagge, già grande successo al botteghino Usa. «Partire per imparare a conoscere la paura», secondo i fratelli Grimm, è l’imperativo che spinge il piccolo Max (Max Records), nove anni, a intraprendere un viaggio immaginario, oltre le pareti della sua cameretta, dove la mamma lo ha «cacciato a letto senza cena». L’incanto fulminante del film (applaudito da un Sendak 81enne) – semplice come un tratto di matita (il designer, Sonny Gerasimovicz è un artista di graffiti) e profondo come un trattato filosofico - è tutto nel naturalismo più estremo, sabbia e rocce, alberi e acqua negli immensi scenari del Sud Australia. Max è pieno di rabbia, odia gli “estranei” che gli invadono casa, i fidanzati di sorella e madre, si sente solo e, indossato il suo costume da lupo, si scatena in vendette violente. Definito dalla mamma (Catherine Keener, già in Essere John Malkovich di Jonze e qui anche produttrice) «mostro selvaggio» le grida contro: «E io ti sbrano». Poi la fuga nell’aldilà del sogno, nella foresta e lungo il fiume che lo porterà nella terra di giganteschi e infelici bestioni, peluche dalle corna di capra e il becco da uccello (pupazzi reali, digitalizzati solo nei movimenti di bocca e occhi) che lo incoronano re. Sendak si è ispirato, dice, al primo Walt Disney, in particolare a Fantasia, ma nei suoi disegni si sente l’eco delle Silly Symphonies e nel film quella del post-disneyano Monsters & Co, con l’enorme unghiuto mostro sentimentale, alter ego di Max, geloso di tutti, afflitto per un amore non corrisposto. Insieme, il bambino e i giganti vivranno momenti di aggressività e liberazione infantili, fino al ritorno a casa del bambino, che al contrario di Peter Pan, vuole diventare adulto. Un film “speciale”, cupo e radioso, che, come dice l’autore del suo racconto, «deve piacere solo ai bambini». A tutti, perciò, direbbe Walt.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta