Regia di Spike Jonze vedi scheda film
Il mondo dell’infanzia è fragile e delicato come il vetro; e, come il vetro, quando lo si ferisce, esplode in aguzze schegge di rabbia. Il regno della fantasia – che è un’immaginaria proiezione del reale - è allora necessariamente attraversato dall’incubo; è una dimensione alternativa che lì per lì attrae, però finisce per rivelarsi minacciosa e incomprensibile come quella da cui si è cercato di fuggire. Ecco perché gli enormi pupazzi del paese delle creature selvagge sono la perfetta sintesi tra il peluche e il mostro; col loro corpo enorme, ma morbidamente coperto da pelo o piume, rappresentano inoltre, nella mente del bambino, l’ambivalente figura dei genitori, che esercitano autorità mentre dispensano affetto. L’aspetto imponente di quei teneri bestioni li fa apparire forti e protettivi, ma anche strani e inafferrabili, con quelle loro passioni troppo serie e complicate per poter essere esorcizzate con un gioco. Ciò che fa paura è tutto ciò di cui non si conosce la ragione; e ciò che delude è ciò che non si è riusciti a dominare. Crescere significa quindi, anzitutto, abituarsi a vedersi dentro un universo tanto più grande e complesso di quanto vorremmo; ed imparare ad essere se stessi e ad affrontare la vita senza pretendere di avere poteri straordinari, né essere venerati come un re.
Questa geniale opera cinematografica è una favola il cui insegnamento non propone dei valori, non celebra il bene né premia la virtù; il suo epilogo è, invece, la dura morale del disincanto, della serena e matura accettazione di una realtà che, per quanto migliorabile, non potrebbe essere diversa.
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