Regia di Alastair Fothergill, Mark Linfield vedi scheda film
Lo scorso 22 aprile, Giorno Mondiale della Terra, la neonata etichetta Disneynature ha colto l’occasione per far uscire nei cinema lo strombazzato documentario BBC Earth, facendolo passare come un evento mondiale in contemporanea. Così non è, e il vostro Paolino è qui per svelarvi tutte le magagne: in realtà il film in questione è vecchio di due anni e circola nei cinema di quasi tutto il mondo dall’autunno del 2007, Europa compresa. Acquistato solo in seguito dalla Disney, è stato fatto uscire il 22 aprile 2009 soltanto in USA, nel Sud America… e in Italia! Insomma, tutti gli animali che vedrete raffigurati nel film a quest’ora saranno già tutti schiattati da un pezzo (o al massimo diventati pellicce!).
Passando alla realizzazione del documentario, siamo di fronte ad un’opera pensata per un pubblico di giovanissimi (basti pensare che la cruda realtà della savana africana, con animali che si sbranano in continuazione è soltanto accennata e mai mostrata) ma interessante, anche se non rivoluzionaria, anche per un pubblico più vasto. Le musiche epiche, i paesaggi sconfinati, i rimandi al surriscaldamento globale: tutto concorre ad accrescere più la fase emozionale che quella culturale della vicenda. Commovente la storia dell’orso polare che percorre miglia e miglia alla ricerca di cibo, solo e stremato (ma non è sadismo rimanere impalati a riprendere un animale che muore pian piano? ah no, sono animali, appunto, quindi essere inferiori no? mah…), straordinari gli attacchi dello squalo bianco in slow motion, divertenti le sequenze con protagonisti i cuccioli che imparano a volare o il corteggiamento degli uccelli del paradiso.
Insomma, un documentario di tutto rispetto, con riprese mozzafiato e grande qualità tecnica, ma nulla di nuovo da raccontare. Fa piacere però trovare anche qualcosa di questo tipo al cinema ogni tanto (e il pubblico pare apprezzare, visti i quasi 110 milioni di dollari raccolti worldwide fino ad oggi). Abbastanza infelice infine la scelta di Paolo Bonolis in qualità di narratore, anche se la colpa non è totalmente sua ma di chi ha deciso di far parlare troppo una voce fuori campo mentre spesso il silenzio sarebbe stato doveroso.
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