Regia di Patrice Chéreau vedi scheda film
“Così in amore Venere con i simulacri inganna gli amanti e non riescono essi, pur guardando il corpo da vicino, a saziarsi e non possono con le mani togliere nulla dalle tenere membra, mentre per tutto il corpo vagano incerti”
… That her face, at first just ghostly
Turned a whiter shade of pale …
https://www.youtube.com/watch?v=Mb3iPP-tHdA
Un'ombra nuda, quella di Daniel che si allontana nella notte, ripreso di schiena, mani in tasca, un po’ ingobbito.
Titoli di coda.
“La persecuzione potrebbe benissimo essere il film più abrasivo di Patrice Chéreau ” .
Certo raschia, erode. Fu presentato a Venezia, semisconosciuto nelle sale.
Ultimo film di Chéreau, in una delle ultime interviste il regista diceva:
“Forse nel primo momento di una relazione potresti dire "Ti amo" e l'altra persona dire "Ti amo". E poi devi parlare. Il dialogo, per me, è qualcosa che nasconde il significato delle persone. Non li apre. È qualcosa per nascondere ciò che vogliono dire o spiegare. Cerchi di difenderti. Parlare con qualcun altro è difficile; lo sappiamo, ognuno di noi. È una lotta. Devi trovare un equilibrio tra ciò che ha detto e ciò che vuoi dire. È difficile e provo a descrivere la difficoltà di parlare, che non è, come spesso ci viene fatto credere, la cosa più semplice del mondo. Soprattutto in una relazione d'amore. Ad un certo punto arriva il momento in cui è difficile parlare, e poi diventa più difficile, e poi arriva il momento dove non parli affatto.”
Daniel (Romain Duris) e Sonia (Charlotte Gainsbourg), Daniel e lo stalker (Jean-Hugues Anglade) innamorato che lo perseguita, Daniel e Michel (Gilles Cohen), l’amico caro con cui ci si manda più a farsi fottere che a scambiarsi consigli e confidenze..
Dialoghi impossibili, un deleterio, insensato e potenzialmente distruttivo scambiarsi parole.
Chi perseguita chi?
Nel film la persecuzione sembra voler alludere a quella di uno stalker, uomo di mezza età che un giorno, in autobus, ha visto Daniel, questi gli ha lanciato un’occhiata distratta e l’altro se n’è innamorato perdutamente.
Lo pedina, gli entra in casa, si fa trovare a letto nudo, gli rientra dalla finestra.
Daniel è rabbioso, lo butta fuori, lo scalcia, lo carica di botte, alla fine si rassegna? No, paradossalmente si sente accolto e addirittura gli racconta un pezzo della sua vita solitaria.
Lo stalker fa un po’ pena, Daniel di più.
Ma la persecuzione?
Potrebbe essere quella sottile, insistente, di Daniel su Sonia, la sua ragazza. Lei lo ama, glielo dice con belle parole, lui scava, non si accontenta, è ossessivo, lei razionale, paziente. E’ una donna autonoma, ha un lavoro remunerato e soddisfacente, è spesso in trasferta e quando torna ama frequentare gli amici al bar, con lui o senza.
Lui si adegua ma è cupo, è pieno di dubbi, si macera, non è gelosia, è un tarlo che rode, scava, gli impedisce di essere felice, di acquietarsi in una consapevolezza di amore dato e ricambiato.
La relazione va avanti, ma chi ci scommetterebbe un soldo bucato?
Dunque cos’è? Il destino cinico e baro che perseguita Daniel e gli impedisce di essere felice?
Certo alle spalle di Daniel non c’è una bella giovinezza e questo ha il suo peso.
Una madre forse suicida e un padre, chiuso nel suo dolore, autoesiliatosi per venti anni in una casa di riposo per vecchi dove ha trovato conforto in due sedute quotidiane di preghiera.
Cosa, questa, che ha disgustato Daniel al punto di non voler vedere più il padre fino alla sua morte.
Un modello di disamore familiare, dunque.
Daniel è un personaggio difficile, scontroso, problematico, sembra non guardare il mondo, non chiede né vuole, non si sa bene che lavoro faccia, forse nessuno che abbia un senso, si occupa di interni, ma sembra più un uomo delle pulizie che un designer.
Un profilo comportamentale su cui è inutile trarre conclusioni perché Chéreau scompiglia ogni volta le carte.
Daniel, che trascina la sua vita in interni squallidi, dorme su materassi a terra, gira con un berretto di lana calcato sulla fronte, fa l’assistente volontario in una casa di riposo e aiuta i vecchietti.
Inaudito, ma perfettamente in linea con l’odio per lo stalker che poi si siede con lui in cucina a parlare o con quel legame problematico con Sonia, un amore forte, fisico, viscerale, ma appena aprono bocca il castello cade a pezzi.
Finirà? Probabile.
“Ad un certo punto si raggiunge il punto in cui la relazione è finita. Non puoi più parlare. Hai bisogno di molto coraggio per ammetterlo. Le parole diventano difficili. Non lo so, è qualcosa che mi ha sempre interessato.”
Chéreau si è identificato nel suo personaggio sovrapponendosi all’attore, Romain Duris, e stabilendo con lui una sorta di empatia attraverso la fotocamera.
La persecuzione è quella di Daniel su sé stesso,
Cosa rode Daniel? Perché trascina la sua vita in interni squallidi, dorme su materassi a terra, gira con un berretto di lana calcato sulla fronte?
Nulla, apparentemente nulla, o certamente tutto.
Un esistenzialista sopravvissuto? Un rappresentante di quello svuotamento di valori, risorse, impegno e positività che la sua generazione di trenta/quarantenni sta pagando duramente da qualche decennio? Un uomo in transizione fra vecchi modelli obsoleti e nuovi modi meno rassicuranti di convivenza sociale, amori incapaci di sopravvivere perché, senza radici, hanno disimparato i codici e vagano muti in un aere melmoso?
Nell’insieme Daniel è un groviglio di problemi che si possono, con molta approssimazione, racchiudere in uno, abbastanza irrisolvibile perché non oggettivabile: sentirsi amato, cercato, incluso.
Ma se questo non avviene, o se il soggetto non ne condivide i modi o non sa capirli, la partita è persa in partenza.
Se alla fine ci si trova a simpatizzare con Sonia e perfino con lo stalker è segno che il personaggio è riuscito, Chéreau ne ha fatto il campione dei soggetti a rischio solitudine, abbandono, distanza sociale.
Eppure non si riesce a non amare Daniel, l’abilità del regista è nel lasciar trasparire, sotto la scorza ruvida, tracce di un’umanità profonda e dolente, inespressa, come rattrappita in difesa.
I segnali sono minimi ma tanti, a partire dalla sequenza iniziale, dolcissima, quando un trans strafatto chiede un euro sull’autobus alla gente che, come sempre, è fatta di manichini immobili e senza reazioni.
Una ragazza pacioccona e rosea commette lo sbaglio di guardarlo con aria sorridente e si becca due schiaffoni dal trans.
Lei è stordita, quasi piange, non reagisce né risponde a Daniel che la segue e vorrebbe dirle qualcosa, consolarla.
Niente, lei va via.
E’ uno schiaffo per Daniel, non farsi aiutare è la forma peggiore di egoismo, Daniel lo subisce e reagisce a modo suo, chiudendosi a riccio.
Tornando al processo di identificazione dell’autore con il suo personaggio, sono rivelatrici le sue parole:
“Per interpretare un ruolo, dovresti amarlo. Dovresti capire o dovresti trovare un'eco in te stesso del problema che ha il personaggio. A volte è nascosto; lo troverai nei posti peggiori di te stesso, nella cosa che odi di te stesso.”.
E forse di noi stessi quello che più odiamo è il nostro bisogno dell’altro.
Il “combattimento d’amore” torna centrale, mai risolto da millenni, declinato nei modi più svariati ma riconducibile a quella miscela “dolceamara” che, dai dimenticati Saffo e Catullo, approdò a Lucrezio che, bontà sua, fornì utili consigli, ma chi li ricorda? Oggi poi si sono sovrapposte tante istanze, è diventato tutto così complicato!
De rerum natura IV, vv- 1084-1087: “Ma durante l’amore Venere lievemente spezza le pene e, mischiatosi, un carezzevole piacere trattiene i morsi. C’è la speranza infatti che in quel corpo, donde è l’origine dell’ardore, dal medesimo la fiamma possa essere anche spenta”.
Spenta, ma come? Purtroppo cit. vv. 1088-1090: “A che tutto questo avvenga si oppone con forza la natura; ed è questa la sola cosa di cui, quanto più ne abbiamo, tanto più si accende il cuore di bramosia furiosa”.
Protagonista della cultura francese degli ultimi decenni, scomparso prematuramente nel 2013, Chéreau costruisce una parabola cinematografica sull’impotenza, la falsificazione, il sé e il mondo, il naufragio nell’incomprensione, l’amore negato.
Se il dialogo è tramontato, se Socrate e discepoli sono rimasti soli nell’Agorà e si parla tra sordi, sono tramontate anche quelle informazioni energetiche, quelle vibrazioni invisibili che portano messaggi intraducibili in parole.
Non resta allora che camminare soli nella notte, un’ombra più bianca del pallore.
“… sic in amore Venus simulacris ludit amantis nec satiare queunt spectandocorpora coram nec manibus quicquam teneris abradere membris “
“ Così in amore Venere con i simulacri inganna gli amanti e non riescono essi, pur guardando il corpo da vicino, a saziarsi e non possono con le mani togliere nulla dalle tenere membra, mentre per tutto il corpo vagano incerti ”
www.paoladigiuseppe.it
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