Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Non si può dire che abbia dei pregiudizi personali verso il cinema di Lars von Trier, visto che sul sito ho recensito positivamente alcuni dei suoi film più importanti (Le onde del destino, Dogville, Dancer in the dark, Melancholia). Per Antichrist mi dissocio, anche se ho il massimo rispetto per gli spettatori a cui è piaciuto. Ho visto il film con grande interesse, ma fin dal famoso prologo estetizzante in bianco e nero, qualcosa non mi ha convinto: il regista accosta provocatoriamente immagini piuttosto esplicite di godimento sessuale di una coppia alla tragedia del loro bambino che, non si capisce quanto inavvertitamente, precipita da una finestra e muore. Cosa vuol suggerirci Von Trier? Che il rapporto sessuale è per sua natura peccaminoso e mortifero, com'era già implicito nelle Onde del destino? In ogni caso, lo studiatissimo montaggio parallelo fra la coppia che copula fino all'orgasmo, con tanto di dettagli "hard", e il bambino tenerissimo che muore, l'ho trovato piuttosto irritante. In seguito, il film passa alla fase dell'elaborazione del lutto da parte della coppia, ad una terapia anomala in quanto la paziente è soggetta, in maniera poco ortodossa, alle cure del marito psichiatra, e al trasferimento dei due in una casa isolata nei boschi che potrebbe essere decisiva per il miglioramento della donna. Qui il film risulta più volte suggestivo grazie ad uno sguardo contemplativo che aggiorna la lezione di Tarkovsky (a cui il film è dedicato), con citazioni esplicite da Stalker (il bosco da attraversare è l'equivalente della Zona), una visione dell'Ordine Naturale all'insegna del pericolo incombente, ma dove il regista può dispiegare le sue virtù a livello plastico e figurativo, assieme a dialoghi rarefatti, ma non banali. In seguito, si fa prendere dall'assillo di dimostrare che la sua eroina è una strega malefica a tutti i costi, spinge il film verso il delirio programmato e inserisce scene horror con squartamenti assortiti, mutilazioni sessuali e altre crudeltà alquanto gratuite. Il cambio di registro narrativo risulta troppo brusco e, al di là degli oscuri e complessi significati che si celano dietro la "fabula" (misoginia? dimostrazione dell'animalità insita nella natura umana? una Natura Matrigna simile a quella di Leopardi?), le scene "gore" risultano alquanto risibili e fanno sprofondare l'operazione nel ridicolo involontario, oltre che nella provocazione gratuita (il bacio e il tentativo di rapporto sessuale della Gainsbourg carnefice con l'agonizzante Dafoe sono tra i più imbarazzanti visti al cinema di recente). Peccato, perchè, come ricordato in precedenza, il film poteva contare fino ad allora su elementi stilistici risolti in maniera interessante. I due protagonisti fanno quel che possono, soprattutto la Gainsbourg nella prima parte centra bene il personaggio e risulta più volte intensa, ma non possono non soccombere anche loro quando il regista smarrisce definitivamente la bussola. La depressione dell'autore, che sta alla base della sceneggiatura, qui non ha trovato un corrispettivo filmico adeguato, ma col successivo Melancholia le cose andranno molto meglio.
voto 5/10
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