Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Un uomo e una donna (Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg) fanno l'amore con grande trasporto. Intanto il loro figlioletto si alza, scende dalla culla, si arrampica alla finestra e mentre guarda la neve che sta scendendo precipita e muore. Ovvero, il prologo, avvolto in un colore che restituisce l'idea dell'inizio dei tempi.
"Antichrist è un film che si fregia del citazionismo più disparato (cinematografico, letterario, filisofico, pittorico) e fa del simbolismo la sua struttura portante. E' un'esperienza filmica che svela il suo aspetti allegorici in misura progressiva, nel senso cioè, che induce a capire il prima solo grazie a ciò che succede dopo. Sicchè, solo quando ci è chiaro che quel soggiorno nel bosco di Eden, invece di rappresentare una terapia tesa a far assorbire il più grande dolore che una coppia di genitori possa sopportare, si rivela essere una lotta per chi tra i due prevale in vita e che l'autopsia fatta al cadavere del bambino ha evidenziato una strana malformazione ai piedi (piedi caprini) dovuta al fatto che la madre gli calzava le scarpe al rovescio (come mostra la foto che gli fa vedere l'uomo), si può tornare indietro, dare un senso più compiuto al già trascorso e ammantare di simbolismo anche quello che non sembrava parteciparvi. Insomma, solo sul finire del film si hanno argomenti sufficienti per poter ragionevolmente argomentare che quel bambino che cade può ben essere il Lucifero caduto dalla schiera degli angeli prediletti, che i due genitori, (i cui nomi non ci è dato conoscere) in quanto archetipi del genere umano, racchiudono in se il limite tra il bene e il male, l'eterna lotta tra ciò che tende all'ordine razionale (lui, psicoterapeuta) e il caos (lei, studiosa di antiche pratiche di tortura). Solo quando ci è chiaro che quella travolgente unione di corpi non è amore ma sofferenza, non è darsi affetto ma afflizioni, possiamo forse darle la valenza simbolica dell'eterna sfida tra i sentimenti più disparati che albergano in ogni animo umano (l'amore che diventa odio, la comprensione avversione, la tenerezza violenza), intendere che il loro dolore è il dolore del mondo. Solo quanto ci è chiaro che le leggi della natura sono partecipi del male, in quanto sottostanno al volere di un Dio malefico, si arriva alla conclusione che per vincere l'Anticristo bisogna eliminare l'elemento che si lascia tentare dalle lusinghe del Demonio e insinua il caos nell'ordine naturale delle cose, bisogna bruciare la donna sul rogo della purificazione (alla maniera dell'inquisizione medievale). Solo cosi è possibile ricominciare con una nuova umanità (la moltitudine di donne che salgono verso la vetta del monte nel bel finale) pronta ad armonizzarsi con gli elementi di una natura intanto depurata dai germi della corruzione. Un film coraggioso, intimamente legato alla vita dell'autore, che si misura con gli strumenti più arditi delle speculazioni filosofiche raggiungendo un'armonia tra la materia trattata (affatto originale) e gli elementi espressivi davvero di buon livello. Si è detto che le citazioni abbondano e vale la pena evidenziare almeno quelle riferite al cinema di Tarkovskji (a cui il film è dedicato) sottolineando che "Antichrist" non arriva ai suoi livelli stilistici e formali e voglio sperare che i detrattori di Von Trier non gliene faranno una colpa se il russo è un maestro indiscusso della settima arte. Molto si scrive e molto si dice di Von Trier. Io credo che sia un autore di ottimo livello e che al netto di tutte le discussioni che gli ruotono attorno abbia fatto del buon cinema, con quegli alti e bassi che non si negono quasi a nessuno. Capace di giocare con diversi registri cinematografici ma di arrivare ad uno stile assolutamente originale che per me non è una cosa di poco conto.
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