Regia di Nacho G. Velilla vedi scheda film
Presentato in anteprima mondiale al Festival de Málaga (dove il protagonista, l’almodovariano Javier Cámara, si è aggiudicato il premio come miglior attore) e pochi giorni dopo (aprile 2008) in tutta la Spagna, Fuori menù si è rivelato uno dei film di maggior successo in terra iberica e, parallelamente, un caso mediatico. Il motivo è presto detto: trattasi di commedia che suggella, con modi e maniere assai autoironiche e divertite, l’Era di Zapatero e delle sue leggi libertarie, che consentono a gay, lesbische e coppie di fatto di essere garantite a ogni livello e, ancor meglio, di vivere in un Paese dove la Digos non deve intervenire se due uomini o due donne si baciano per strada o si tengono per mano. L’opera prima per il grande schermo di Nacho García Velilla (notissimo in patria in quanto autore del format Médico de familia, importato da noi per la serie che ha al centro il Nonno Libero di Lino Banfi) mostra una parte di Madrid talmente vera nel tessuto sociale spagnolo contemporaneo da apparire quasi “falsa”. Un “artificio” che ricorda non poco la Parigi ricostruita in studio del bellissimo Irma la dolce di Billy Wilder. In quest’angolo di paradiso (il celebre quartiere di La Chueca) è situato il ristorante d’alta cucina di Maxi, chef gay e orgoglioso, che sogna la prestigiosa stella della Guida Michelin. Attorno a lui ruotano curiosi e bizzarri personaggi: Alex (la brava ed erotica Lola Dueñas, anch’essa di scuola almodovariana), un ex calciatore argentino, ora opinionista sportivo in Tv, in conflitto con la propria omosessualità, i due figli di Maxi, tornati all’ovile dopo l’improvvisa scomparsa della madre, errore di gioventù dell’allora apparente etero cuoco e via affollando cucine, salotti e case paterne. L’impianto è teatrale (si scommette sulla versione in palcoscenico in tempi brevi), il ritmo è serrato, gli attori in palla e la politica assolutamente scorretta. Una battuta per tutte: «Sapete perché l’infermiere della Banca del Seme è stato licenziato? Perché beveva sul lavoro». Olé.
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