Regia di Nacho G. Velilla vedi scheda film
La commedia di Nancho Garcia Velillia gioca abilmente con equivoci e sentimenti, identità sessuali e rapporti umani. L’impianto teatrale della messinscena rende indispensabile l’affiatamento degli attori, che hanno il compito di dare ritmo alla pellicola tramite i dialoghi e l’incontro/scontro dei loro corpi. L’elemento che merita più attenzione è però un altro. L’immagine della Spagna che esce fuori da questo film. Un’immagine paradisiaca, quasi favolistica (non a caso alcuni “capitoli” della storia vengono presentati con dei disegni che poi si trasformano in immagini). Lo stesso quartiere nel quale si trova il ristorante di Maxi sembra così perfetto da apparire finto. Nella Madrid di Velilla gli omosessuali vivono la loro esistenza senza troppi problemi discriminatori, ci si può portare un bel pezzo di fumo appresso mentre si fa il baby-sitter, il lavoro è aperto a tutti e la cucina di Maxi è un ottimo esempio di multirazzialità e infine si manda un bel vaffanculo alla famiglia tradizionale e un caloroso benvenuto a quella moderna, in cui anche i gay possono sposarsi e in cui non è il sangue a stabilire legami ma i sentimenti. Sembra di essere ad un passo dalla propaganda. Di quel governo Zapatero che visto così è una meraviglia per tutti gli spiriti libertari e egualitari che qui in Italia stanno per morire strozzati da una società ad un passo dal fascismo.
Ma come sappiamo il Cinema è l’arte della mistificazione per eccellenza. E allora è lecito chiedersi quanto sia vero di questa società talmente avanzata da mettere in scena se stessa prendendosi ampiamente in giro e quanto sia solo un’immagine costruita a tavolino (o in studio) per esportare la visione di una Spagna avanzata e moderna, cosmopolita e libera.
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