Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Il Macbeth è da sempre una delle opere più affascinanti del sommo Shakespeare, l’elemento destabilizzante della chiaroveggenza inserito nelle svolte della trama e l’influenza sconvolgente che ha sull’agire del protagonista è assolutamente intrigante per il mio palato, il condizionamento provocato in Macbeth e la sua consorte ci da un chiaro messaggio su come l’autore della tragedia intenda le parole di chi vuol farti credere di sapere cosa avverrà nel tuo domani e proprio il protagonista della vicenda sarà travolto dalle allettanti e inquietanti previsioni delle tre streghe incontrate sulla strada di casa rientrando da una cruenta battaglia tanto che verso la metà del racconto tornerà ad interpellarle per vedere nuovamente al di la del suo tempo.
Polanski personalizza fedelmente la tragedia riempiendo il suo film di fantasmi, allucinazioni, riti magici ed esplosioni di violenza sanguinaria riversando nelle immagini tutte le ossessioni provocategli dalla terribile vicenda della strage di Cielo Drive nella quale persero la vita sua moglie Sharon Tate incinta di otto mesi e altri suoi amici intimi, questo episodio riecheggia nel suo film come un cancro da estirpare dalla mente e da scaraventare sulla pellicola nella scena in cui Macbeth avvera ciò che gli era stato predetto per sua stessa iniziativa ma anche nella scorribanda al castello di Macduff.
La ricostruzione e le atmosfere sono molto efficaci ed intrise di un macabro respiro horror a cominciare dalla stupenda overture con la luce che filtra dalle nuvole sulle sabbie umide dove le tre streghe confabulano del loro imminente incontro con Macbeth e Banquo seppellendo un avambraccio che brandisce un pugnale ed un capestro, una introduzione subito intrisa di lugubre magia nera: prevedono per Macbeth un futuro di regnante sul trono di Scozia e l’ambizioso paladino giunto al castello viene spinto a compiere il suo destino dalla bramosia di potere di lady Macbeth.
La notte seguente il banchetto in onore delle sue guarnigioni re Duncan viene assassinato proprio per mano di Macbeth che fa ricadere la colpa su due guardie ubriache diventando quindi sovrano di Scozia, è proprio qui che la storia acquista grandissimo spessore perché le tre streghe avevano anche predetto che Banquo sarà padre di re tanto che Macbeth sente ben presto il peso di una corona sterile usurpata con un piano ignobile e causa di un opprimente dilemma: potrà credere alla previsione delle tre streghe sperando che si avveri solo parzialmente?
La profezia ha preso forma per mano sua e solo per sua mano potrà essere sovvertita proseguendo la striscia di sangue versando anche quello di Banquo e impedendo così che sia lui stesso a godere dell’ignobile piano ideato da lady Macbeth ma tutto ciò sembra ancor più perverso perché Banquo è da sempre il suo fedele compagno d’armi e la sua uccisione suona come un atto di invidia nei suoi confronti e di ritorsione contro il destino: la sua morte non implica che Macbeth abbia degli eredi contravvenendo alla previsione, difatti l’imboscata nella foresta è si fatale a Banquo ma non al suo giovane figlio che riesce a scappare, Macbeth non può far altro se non credere che le parole delle tre streghe siano incontrovertibili mentre il suo trono comincia ad essere circondato da spettri ed allucinazioni perverse.
La forza di questa storia va ricercata proprio nel meritato strazio della coscienza alla quale il protagonista e la sua consorte sono condannati: Macbeth è oppresso da un delirio crescente fra incubi notturni e fantasmi delle sue vittime, come Banquo che si aggira ridanciano e ricoperto di sangue fra i tavoli al banchetto di corte facendo aggrovigliare ancor più i gangli intestinali del suo vecchio amico, lady Macbeth invece è sempre più schiacciata dal rimorso di aver partorito nient’altro che un piano diabolico ai danni del suo re e si è ormai incamminata verso la pazzia completa che la condurrà a rinchiudersi nelle sue stanze perché convinta di essere lorda di un sangue che solo lei riesce a vedere, nuda come un verme cerca di lavarsi all’infinito di un’onta incancellabile che macchia in realtà la sua coscienza.
Macbeth torna allora nel covo delle streghe sulle piovose highlands spinto dal desiderio di ottenere nuove informazioni sul suo destino in una delle scene più belle non solo di questo film ma di tutta la cinematografia di Polanski in cui il non eroe della storia è circondato da un nugolo di streghe nude e piagate nel corpo che gli preparano un calderone dove osservare ciò che lo aspetta in un montaggio di immagini allucinate che danno a Macbeth delle indicazioni questa volta più ambigue e fuorvianti sul suo futuro.
La magia sostiene ancora la traballante corona di Macbeth in contrasto con un regno intero ma la nuova profezia è pur sempre manipolabile per il destinatario di essa, l’argomento focale della tragedia va ricercato proprio qui: il domani è sconosciuto e siamo noi stessi gli artefici del nostro destino, ma se ci fosse qualcuno in grado di predirlo e scriverlo ancor prima che esso si sia verificato saremmo noi stessi ad agire per far si che ciò che è stato previsto di soddisfacente alle nostre ambizioni si verifichi al più presto e allo stesso tempo far si che ciò che non vogliamo accada non succeda veramente mai ma inevitabilmente andremmo in quella direzione ritrovandoci faccia a faccia con il nostro destino, è meglio allora vivere senza sapere mai cosa ci riserva il domani perché conoscendo troppo di esso intaccheremmo anche il presente ed il futuro più immediato.
Il film fu un insuccesso al botteghino per diversi motivi: primo fra tutti la scelta dei due protagonisti ritenuti troppo giovani ed inesperti, a mio parere questa critica è ingiusta perché se da un lato è vero che due attori di fama internazionale avrebbero suscitato più richiamo in sala dall’altro lato devo elogiare la prova di Jon Finch nel ruolo del protagonista, tratteggia un Macbeth infimo e detestabile evidenziando le molte pecche del personaggio così come Francesca Annis nel ruolo della sua ambiziosa compagna priva di scrupoli nello spingere Macbeth a realizzare il suo fato con ogni mezzo, notevole il suo delirio nella scena di nudo in cui continua a sfregarsi il corpo per pulire un sangue inesistente, un nudo che scoraggiò un’attrice navigata come Tuesday Weld.
Il film venne anche giudicato eccessivamente violento e fu mal digerito dal pubblico alla sua uscita ma il Macbeth di Polanski è per me invece un grande film, splendidamente girato nel parco naturale di Snowdonia in Galles che con il suo clima impervio ha favorito l’atmosfera lugubre immersa nella magia nera di cui è pregna la pellicola, rappresenta anche il sintomo del grande carattere e del talento di questo autore che traendo spunto dall’episodio sconvolgente dell’assassinio della moglie è riuscito a trasfigurarlo nel suo lavoro senza tradire ne la scrittura di un autore importantissimo come Shakespeare ne il suo stile fiammeggiante che rende questa versione di Macbeth assolutamente unica arricchita anche dall’enigmatica appendice finale in cui un misterioso cavaliere, che è in realtà Donalbain, si reca nel covo delle streghe probabilmente per sapere se in futuro si siederà su quel trono occupato dal fratello Malcom e se per ottenerlo dovrà proseguire la striscia di sangue iniziata da Macbeth, tutto ciò indica un forte contrasto fra il pensiero di Shakespeare e quello di Polanski che sembra voler affermare che per quanto sia sbagliato ed impossibile conoscere il proprio futuro può evitare che esso si trasformi in tragedia, come dargli torto visto ciò che era successo alla povera Sharon Tate.
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