Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
Il primo film di Aki Kaurismaki, il primo esempio di una poetica particolarissima, di una freddezza quasi glaciale, eppure così profonda nello scavare nei tormenti dei suoi personaggi. Qui abbiamo un protagonista 'classico' per il regista, ovvero una persona qualunque delle classi sociali medio-basse, un uomo sulla quarantina dal mestiere modesto (macellaio) e pietrificato dalle angosce e dall'incompletezza dell'esistenza; ed uno sviluppo della narrazione emblematico delle intenzioni di Kaurismaki. In nuce c'è già tanto del suo futuro cinema: Dostoevskij giunge a proposito, non è il motivo (il fine) per cui Kaurismaki realizza il film, bensì un buon mezzo per esplicare i propri concetti e le proprie intenzioni. E infatti il romanzo di partenza viene stravolto e riadattato in maniera molto personale dal regista finlandese, che comunque applica la morale di fondo, nichilista e misantropa, del capolavoro russo alla sua storia. Ovvero, che l'uomo è solo con i suoi sensi di colpa e la sua ansia, nessun castigo peggiore della coscienza può esistere in terra. "Prima o poi tutti si muore, ma dopo c'è altro", dice il protagonista nel finale, una volta dietro la sbarre; "Cosa?", risponde incuriosita la ragazza che lo ama e che vorrebbe aspettarlo per 8 lunghi anni; "Ragni", improvvisa lui. "Come posso saperlo io". 7,5/10.
Un macellaio fredda un imprenditore nel suo appartamento ed una ragazza è l'unica testimone del delitto. Ben presto la polizia rintraccia l'assassino e si scopre il movente: l'imprenditore aveva accidentalmente ucciso la ragazza dell'uomo tre anni prima, investendola, ma l'aveva passata liscia. E anche l'assassino rischia di passarla liscia, poichè la testimone si innamora di lui ed uno stratagemma pone come principale indiziato un innocente barbone. Il rimorso avrà comunque la meglio.
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