Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Come in Matador, in cui il protagonista trova la morte nel momento sublime dell’orgasmo, così Lena abbandona la vita con il sapore delle labbra dell’uomo che ama sulle sue. L’amore, per Almodovar, è un sentimento totale, vivo, incontrollabile. Gli uomini e le donne si abbandonano alla passione, sconvolgono le proprie vite, non si fermano davanti alle gabbie della moralità o del buon senso. E’ il sangue che pulsa, il cuore che freme.
Los Abrazos Rotos è l’ennesima prova che Almodovar sa come raccontare la vita, con leggerezza e trasporto, riuscendo a cogliere quelle sfumature emotive, soprattutto femminili e omosessuali, che rendono il suo cinema unico. Lo sguardo di una madre, gli occhi meravigliosi di Penelope Cruz, le mani di uno scrittore che accarezzano lo schermo dove è racchiusa l’ultima immagine della persona amata.
Almodovar costruisce le sue storie attingendo da tutto quello che gli è più caro. Il cinema, prima di ogni altra cosa. La scrittura, Le donne. Il melodramma. La passione. La cultura pop. E’ interessante come il film che viene girato con la Cruz nei panni di Audrey Hepburn, nella scena in cui una sua amica la viene a trovare, sia così aderente ai primi film del regista spagnolo mentre quello reale sia invece capace di mostrare la sua evoluzione artistica e il proprio personale modo di intrecciare eventi e storie diverse, ricostruendo la vita per immagini, tramite i colori, la musica, i corpi degli attori, le loro parole, i segreti e le verità che nascondono. Questa idea di cinema, che invece di racchiudere la vita, la fa fuoriuscire dallo schermo, strabordante, eccessiva, ha una forza catartica capace di riconciliare lo spettatore con se stesso, perché, per Almodovar, non c’è dolore o sofferenza che non possa diventare gioia e bellezza, i personaggi, nei suoi film, affrontano il destino e le sue conseguenze senza tirarsi mai indietro, perché è solo in questa imprevedibile serie di eventi che si può trovare quella potenza emotiva che il regista vuole trasmettere, perché sia la vita stessa a passare, in tutta la sua caotica essenza.
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