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Tutta colpa di Giuda

Regia di Davide Ferrario vedi scheda film

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La recensione su Tutta colpa di Giuda

di maurizio73
6 stelle

Regista e coreografa di origini serbe, Irena Mirkovic è stata incaricata di mettere in scena un musical sperimentale all'interno di una sezione speciale del carcere delle Vallette di Torino. Tra curiosità e diffidenza, il supproto del prete del carcere, l'intesa sentimentale con il direttore ed il convolgimento di alcuni detenuti riuscirà nel difficile intento di concepire una rappresentazione della 'Passione di Cristo' che reintrerpreti il messaggio di redenzione del soggetto secondo le istanze e le necessità di una umanità condannata all'espiazione di pene molto più prosaiche e terrene di quelle, universali ed esegetiche, narrate dai Vangeli. Quando tutto sembra ormai pronto per la prima dello spettacolo però , la notiza di una imminente amnistia sembra sconvolgere completamente i suoi piani.

 

 

Col solito tocco leggero e scanzonato, la consueta, malinconica ironia ed il gusto divertito per un cinema dei sogni che riesce ad animare il grigio tran-tran di un orizzonte di reclusione mortificato dalla routine e dalla rassegnazione quotidiane, il buon Ferrario si cimenta in un esperimento meta-filmico che utilizza i codici e le regole del teatro per parlare della condizione carceraria attraverso i suoi stessi protagonisti, personaggi e interpreti insieme di un gioco di finzione che ammicca continuamente ad una realtà fatta di un passato difficile e di un presente senza prospettive, nel limbo senza scopo di un'istituzione obsoleta e anacronistica che non vuole rieducare nè formare e dove l'espiazione della pena si riduce all'inutile attesa di un futuro che sembra non arrivare mai. Messa in scena di una programmatica contaminazione tra generi ('una commedia con musica' recita il sottotitolo), 'Tutta colpa di Giuda' è un'opera di fantasia che cerca di invertire l'ordine naturale delle cose, traslando il desiderio di libertà dai consueti canoni dell'evasione fisica a quelli dell'evasione 'tout-court', dove l'inventiva e la partecipazione siano gli strumenti indispensabili per concepire una vita altra, per consentire alla libertà di irrompere all'interno dell'istituzione carceraria e sovvertirne regole e consuetudini, restituendo ai suoi reietti abitanti (reclusi e guardie, preti e direttori, registi e attori) il senso di una umanità che credevano di aver smarrito per sempre.

 

 

 

Se è vero che l'insistita teatralità dell'impianto e l'ingenuità commovente di attori non professionisti sottrae l'opera alla banalità di un realismo didascalico da fiction televisiva, l'intelligenza dei dialoghi, la freschezza delle coreografie e la travolgente originalità della colonna sonora ( Marlene Kuntz e Fabio Barovero dei Mau Mau tra gli altri) ne fanno il divertente (e divertito) esperimento di una riuscita riflessione su temi altrimenti scivolosi come la fede, la giustizia e la condizione umana.

 

 

 

 

Bravissima (per una volta) la Smutniak nel ruolo di una profuga dell'arte che ha esordito col battesimo di 'fuoco' delle bombe su Belgrado e la indolente saggezza da immigrato partenopeo del direttore di un carcere del Nord di nome Libero, interpretato con prestanza sorniona dell'aitante Fabio Troiano. 

 

 

Nomination ai 'Marlene Kuntz' per la migliore canzone ai David di Donatello 2010 con "Canzone in prigione", colonna sonora del film.

 

 

 

 

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