Regia di Marlen Khutsiyev vedi scheda film
A cosa servivano quelle baracche con i letti a castello? E quel filo spinato? E cosa ci facevano con quelle batterie di forni?
Interessante questo film per la televisione, una di quelle opere girate per il piccolo schermo ma che sarebbero dovute passare anche per il grande.
Raccontando la vita quotidiana di alcuni drappelli di soldati di stanza nella futura Germania Orientale appena finita la guerra, il regista riesce a ricreare una particolare atmosfera di sospensione e immobilità: essi passano le giornate accampati nelle fattorie locali, guardando e attaccando bottone con qualche bella fattora e scambiando qualche battuta con i superstiti uomini. Ciondolano nella noia, abbandonandosi a qualche eccesso poco onorevole con la popolazione locale. In questa situazione stagnante e sonnacchiosa si inserisce il discorso del lager, che scoprono una notte per caso mentre scorrazzano ubriachi per la campagna su una decapottabile. Qui il film cambia registro: si fa più serio e gelido, ma non diventa mai retorico o spettacolare. La tremenda realtà del lager viene mostrata con immagini dimesse, mentre i soldati russi si chiedono a che diavolo servissero quelle baracche e quei forni che non sanno essere crematori (mentre lo sa lo spettatore). Il regista riesce a rendere molto bene l'orrore di quei luoghi senza calcare mai la mano, e mantenendo uno stile spoglio e semi-amatoriale, ma cionondimeno molto efficace.
Nel suo insieme, la pellicola è una riflessione sugli orrori della guerra appena passata, con particolare attenzione alla tremenda realtà dei campi di concentramento. Si guarda agli orrori solo di una parte, ma viene evitata la retorica e la propaganda vera e propria. Eccetto una frase alla fine: se voi russi non aveste vinto la guerra, il mondo sarebbe diventato un grande campo di concentramento. E' l'unica cantonata che si prende un film per il resto riuscito e originale, con una sua forza interna che comunica senza l'ausilio dello spettacolo.
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