Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film
L'immaginazione al potere e il potere dell'immagine.
Nell’ultimo film il nostro parte da una scatola di fiammiferi per costruire il suo minimalismo poetico, qui invece utilizza la stessa cosa per il suo massimalismo narrativo. Quello che conta nell’opera non è la storia che racconti ma il modo in cui la racconti, l’inizio e la fine sono solo il momento nel quale inizi a filmare e il momento in cui decidi di smettere. Quello che sta in mezzo determina lo stile di quello che stai facendo, quanto decidi di stare nei limiti e quanto decidi di superarli. Jarmusch qui decide che ogni controllo sul film non abbia senso facendo procedere la vicenda senza limitazioni ne oggettive ne soggettive. La comunicazione è prima di tutto uno scambio di oggetti, dare e ricevere dei messaggi in codice che devono essere distrutti solo per potere avere il successivo, affinché la narrazione possa proseguire. Il viaggio del protagonista del film è scandito dall’arte e dal paesaggio spagnolo, dove le cose troppo invadenti o troppo violente sono escluse. La missione da compiere è tutta umana senza tecnologia e distrazioni. I discorsi sono indizi che vanno interpretati perché sempre soggettivi in una narrazione senza centro ne confini. L’arte diventa oggetto del racconto , la realtà riprodotta ne coglie la sostanza, esce dal quadro. L’arte è soggetto vivo che diventa un luogo o una persona senza che ci sia bisogno del filtro della droga o del sogno affinché ciò accada. Jarmusch dimostra di poter filmare tutto , di controllare che il viaggio sia astratto e concreto, grottesco e lineare. Il nostro ci dice che l’arma più potente è la nostra capacità di diventare attori di un racconto ad occhi aperti.
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