Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Com'è risaputo, il progetto originario di "Amici miei" doveva avere per teatro Bologna, e non Firenze, poi, causa il passaggio di consegne forzato dalla sorte da Germi a Monicelli, le cose sono andate come sappiamo( e ci ha guadagnato in malizia, non lo dico per campanilismo). Pupi Avati, a sei mesi dall'uscita e dal buon risultato de "Il papà di Giovanna" gira una commedia corale al sapor di malinconia, come è suo tipico, con riferimenti non poco palesi al cinema appunto dell'autore di "Sedotta e abbandonata". La ricostruzione d'epoca è al solito curata, si respira nella pellicola lo spirito del cinema di quegli anni, ma se questa era la realtà , ha un bel dire chi bofonchia sul com'è peggiorata l'Italia rispetto al passato:poco belli e poco buoni si era, e così siamo oggi, ma Risi e De Sica,per esempio se ne erano accorti già agli albori di quell'era dorata che si ricorda come quella del "boom".Detto questo, pur riconoscendo ad Avati una cifra personale e una vena prolifica che ne fa un atipico nel panorama nostrano, "Gli amici del bar Margherita" strappa dei sorrisi, ma riassembla troppo da "Signore e signori", la saga di "Amici miei" e "Fantozzi" per risultare apprezzabile come lavoro a sè stante:in un cast complessivamente buono, convince meno di tutti il regolarmente ottimo Luigi Lo Cascio in un carattere del tutto sopra le righe che appare forzatissimo, e l'espediente della voce narrante è fin troppo presente per non insinuare nello spettatore il dubbio che l'autore sia poco convinto di riuscire a narrare ogni personaggio come vorrebbe.
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