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Adventureland

Regia di Greg Mottola vedi scheda film

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La recensione su Adventureland

di logos
7 stelle

Un film profondamente autobiografico, che rievoca l’estate del 1987, in cui Mottola lavorò nell’Adventureland di Pittsburgh, e in quest’opera lo ritroviamo impersonato nella figura di James Brennan, costretto, per problemi economici famigliari paterni, a non compiere con il suo caro amico il viaggio di formazione in Europa, e a sudarsi i soldi per entrare all’università lavorando proprio nel suddetto Luna Park, che diventa il luogo estivo di una formazione non solo per lui, ma anche per tutti gli altri suoi coetanei che incontrerà in questa delicata fase di transizione della sua esistenza.

Un Luna Park che lascia intravedere in controluce un impareggiabile mondo degli anni ottanta, impastato nelle sue contraddizione, maledettamente incastrato tra gli echi libertari degli anni settanta e il fosco declino di un’America che precipita nella repressione e nella violenza per mantenere ancora il controllo di sé (si pensi all'uomo che a tutti i costi vuole il panda per il suo bambino fino a minacciare col coltello il povero "giostraio" James).

E queste contraddizioni le vediamo impresse nei volti di questi ragazzi, nello stesso James, innanzitutto, che si dibatte tra il suo linguaggio letterario oramai incomprensibile ai più e la sua ansia di crescere, di innamorarsi, di provare l’ebrezza di uno spinello e di avvicinare a sé la misteriosa Em Lewin, che è a sua volta attratta da un giovane più adulto sposato.

 

A parte la trama, che si dipana distesamente, con un’agile panoramica sui vari personaggi (le loro trasgressioni, i loro amori e cedimenti, le loro delusioni e speranze), quel che mantiene il film all’interno di una struttura solida e originale, senza farlo cadere nel teen movie, se non in alcuni tratti comunque marginali nell’economia dell’opera, è proprio nella sua capacità di far emergere, in queste dinamiche, l’America di allora, fatta di una gioventù oramai smarrita senza saperlo, intrappolata in un’inquietante e difficile ricerca della felicità, vissuta ancora come un diritto scontato e che invece si sarebbe sgretolato negli anni a venire. Un film dunque che suscita certamente meraviglia e stupore, ma anche una certa malinconia, tratteggiata nei colori sfocati della pellicola, ma anche in una recitazione che riproduce sapientemente quel vuoto esistenziale di allora, in particolare grazie alla performance di Kristen Stewart nel personaggio di Em Lewin. E’ proprio su di lei che si scatena quel mondo oramai alla deriva, con un padre passivo e una matrigna bigotta e rigida; è sempre Em che è sessualmente attratta da uno sposato che si spaccia per un musicista che ha suonato con Lou Reed, ma al tempo stesso si scopre sempre più innamorata del giovane James, mentre tutto il mondo intorno perbenista la giudica in un assurdo gioco di equivoci e pettegolezzi. E’ tutto minimale, ma proprio per questo simbolicamente pregevole di uno spaccato concentrato di Storia, grazie alla quale la cultura sa ritornare sui suoi passi, criticarsi, riderci sopra e commuovere, senza un lieto finale del tutto confezionato.

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