Regia di Dito Montiel vedi scheda film
Non mi è piaciuto il secondo film di Dito Montiel. Meno interessante e fresco del precedente "Guida per riconoscere i tuoi santi", questo secondo lungometraggio punta ancora una volta sull' emergente Channing Tatum e ci racconta la storia di Shwan MacArthur, un giovane lottatore ripudiato dalla famiglia che si ritrova a girovagare per New York senza arte né parte, in attesa di un'occasione da sfruttare per fare un pò di soldi. Questa arriva quando si scontra casualmente con Harvey, un traffichino da quattro soldi, che però lo introduce nel giro dei combattimenti clandestini dove il nostro fighter riscuoterà presto il suo successo. Sceneggiatura a quattro mani con Robert Munic ma la freschezza di Montiel cede già il passo ad una certa convenzionalità riscattata solo in parte da alcune riprese interessante soprattutto nelle sequenze che anticipano le sfide corpo a corpo. In "Fighting" sono presenti tutti gli ingredienti classici del genere: solidarietà maschile, amicizia, disperato bisogno di riscatto, la storia d'amore sullo sfondo. Tutto al posto giusto ma senza particolari emozioni, senza guizzi di sorta. La stessa ambientazione newyorkese, tanto cara al regista, risulta meno convincente limitandosi ad un excursus patinato dei vari distretti cosmopoliti della metropoli cadendo a tratti anche nei peggiori stereotipi. Spiace dirlo perché dietro alcune riprese s'intravede il talento di questo cineasta ma alla fine, di questo secondo lungometraggio, si salva ben poco; a maggior ragione per una scelta di cast poco incisiva che fra Tatum ed Howard non riesce a raccogliere un briciolo di "palle" come si deve. Paradossalmente va meglio con il fratello d'arte (marziale) Brian J. White, lui almeno è portato per il genere.
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