Regia di Woody Allen vedi scheda film
Un flusso incontrastabile di battute impudenti e al contempo sofferte.
Per Woody Allen è un graditissimo ritorno a casa, questa sosta nella Grande Mela nel pieno del suo tour per l'Europa. Scongelando e rifinendo un'esplosiva sceneggiatura che aveva sbozzato negli anni Settanta (mai messa in scena per la scomparsa dell'attore da lui selezionato come opportuno protagonista, Zero Mostel), Allen riacquista un'incisività espressiva – torna la rottura della quarta parete (Io e Annie) – e un'arguzia intellettuale – lo humor è orgogliosamente colto – con cui polemizza criticamente sulle svariate vigliaccherie morali dell'America contemporanea, guidato da un disincantato pessimismo "cosmico" che s'incarna nella figura del misantropo, razionalmente cinico e ipocondriaco protagonista interpretato spigliatamente dal comico Larry David, alter ego del regista obbligato dalle fortuite circostanze della vita (l'innamoramento per una sprovveduta ragazza col volto aggraziato di Evan Rachel Wood) a rivedere il proprio pensiero: nutrire terrore per il trapasso è più che legittimo, ma lo è pure aggrapparsi a ogni scampolo di possibile felicità, poiché, se concorre a rendere un po' lieta e tollerabile l'esistenza, "basta che funzioni". Ma tale complicatezza contenutistica non grava mai, essendo astutamente dissimulata da un flusso incontrastabile di battute impudenti e al contempo sofferte. I personaggi sono tutti scolpiti alla perfezione.
Tra le musiche, svetta il "destino che bussa alla porta" della V Sinfonia di Ludwig van Beethoven.
Film ECCELLENTE (9) — Bollino VERDE
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