Regia di Woody Allen vedi scheda film
Boris Yellnikoff (David) è un sessantenne newyorchese misantropo, ipocondriaco, convinto di essere un mancato premio Nobel, che si guadagna da vivere insegnando gli scacchi a dei ragazzini che tratta come perfetti imbecilli e che ha alle spalle una carriera da fisico e un tentativo di suicidio che lo ha lasciato claudicante. Quando nella sua vita irrompe la 21enne Melody (Wood), un squinternata del Mississippi con poco sale in zucca, in fuga da una madre virago, Boris inizia con lei una convivenza forzata che si trasforma in un matrimonio e che cambierà notevolmente la sua vita.
Al suo trentanovesimo film Woody Allen torna nella sua Manhattan con una commedia acida al centro della quale si trova il suo alter ego Larry David, cabarettista televisivo che, attraverso la penna di Allen, sembra averne per tutti: dalla grettezza dei bianchi del Sud al fondamentalismo cattolico (la frase "Dio è gay" non mancherà di scandalizzare qualcuno), alla sessuofobia diffusa. È puro cinema situazionista e di parola, con la macchina da presa spesso immobile a fungere anche da interlocutrice del protagonista che si rivolge al pubblico in sala, con una trama pressoché invisibile, nel quale a contare sono i dialoghi incendiari e le battute a raffica che non sentivamo dalle stagioni migliori del regista americano. Il tutto imbastito su un'idea dell'amore secondo cui è il caso a governare la nostra vita molto più di quanto non siano i nostri sforzi.
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