Regia di Woody Allen vedi scheda film
"Aaaaaaah... Sto morendo".
"Ma che cos'hai?".
"Sto per morire".
"Devo chiamare l'ambulanza?".
"No, no, non adesso, non stanotte. Voglio dire, prima o poi...".
"Boris, tutti muoiono...".
"È inaccettabile".
"I tuoi attacchi di panico stanno diventando più frequenti e più intensi, devi ricominciare a prendere le tue medicine".
"Non le riprendo le mie stramaledette medicine, non mi faccio offuscare la mente da sostanze chimiche quando sono l'unico ad avere un'esatta visione d'insieme. Dove cazzo è la vodka?".
[Larry David, alias Boris, e Carolyn McCormick, sua moglie Jessica]
"Loro non sanno la tua storia. Boris, racconta la tua storia". "Loro" è il pubblico, a cui Boris Yellnikoff (Larry David), l’eccentrico protagonista del film, si rivolge direttamente:
"La mia storia è 'basta che funzioni'. Insomma, basta non far del male a nessuno, basta rubacchiare un tantino di gioia in questo crudele, 'uomomangiauomo', inutile, buio caos". E Boris, logorroico, cinico, ipocondriaco, col pubblico è subito chiarissimo:
"Perchè volete ascoltare la mia storia? Ci siamo già incontrati? Ci siamo simpatici? Sentite, ve lo dico subito, ok? Io non sono un tipo simpatico, la simpatia non è mai stata una priorità per me e, per essere chiari, questo non è un film da 'oh, quanto mi sento bene'. Se siete di quegli idioti che devono sentirsi bene fatevi fare un massaggio ai piedi". Dopo un tentativo di suicidio fallito miseramente che lo rende soltanto zoppo, Boris divorzia dalla moglie Jessica (Carolyn McCormick), si trasferisce nel Greenwich Village e dice "basta", tirando avanti alla meno peggio "insegnando gli scacchi a degli zombi incompetenti" ("Scacco matto, stupida cimice": così apostrofa un bambino di 8 anni...). Un giorno si imbatte nella giovane, deliziosa e svagata Melody (Evan Rachel Wood), fuggita di casa dal natìo Mississippi e da poco arrivata a New York: ha fame e Boris, a dire il vero un po' contrariato, la invita in casa:
"Hai detto che muori di fame, che ti va?".
"Ah, ecco... ostriche, triglia al carbone, gambo, zampe di granchio, fagioli...".
"Ma sei scema? Secondo te ho un ristorante creolo?".
Ma, oltre ad essere affamata, Melody non ha neanche un posto dove dormire e chiede a Boris se può ospitarla:
"Posso restare qui?".
"Restare? Ma sei suonata? Quanti anni hai?".
"Ne ho 21".
"21? Sì, se tu hai 21 anni io gioco negli Yankees...".
"Lei è un atleta professionista? Così, zoppo com'è?".
Tra i due scoppia l'amore: diventano "due fuggiaschi nel vasto, buio, inesprimibilmente violento e indifferente universo" e si sposano. Arriverà Marietta (Patricia Clarkson), la madre di Melody a gettare scompiglio tra di loro, spingendo la figlia tra le braccia dell'attore Randy (Henry Cavill), innamorato di lei dopo averla incontrata casualmente:
"Ti ho sognato ieri notte", le confida. E lei:
"Non dire questa cosa, perchè anche Boris ha detto che mi ha sognato ieri notte e io dubito che sia matematicamente possibile, per me, essere in due sogni nella stessa notte".
Amori, vecchi e nuovi, che muoiono o fioriscono, frustrazioni sessuali represse e finalmente "liberate," girandola di coppie e consolatorio veglione di Capodanno finale: ma Boris, "l'unico ad avere una visione d'insieme", non ci aveva avvertiti di non aspettarci niente ("Questo non è un film da 'oh, quanto mi sento bene'...")? Ed invece il suo pessimismo ha una via d'uscita: perchè? Non importa saperlo, perchè "Qualunque amore riusciate a dare o ad avere, qualunque felicità riusciate a rubacchiare o a procurare, qualunque temporanea elargizione di grazia, basta che funzioni...". Archiviata la discussa trasferta europea, Woody Allen torna nell'amata New York rispolverando un suo vecchio script per Zero Mostel di oltre trent'anni fa e poi accantonato dopo la morte dell'attore: difficile far peggio dopo la disarmante vacuità di Vicky Cristina Barcelona ed infatti Allen si dimostra più incisivo rispetto alla vacanza spagnola, quanto meno nella felicità dell'ispirazione che accompagna questo esile e divertente aggiornamento alle sue eterne variazioni tematiche della commedia sentimentale, immerso nei toni del racconto morale e ammantato dai consueti e affilati umori sarcastici: abbastanza per gridare al miracolo? No di certo: Basta che funzioni è teatro filmato, puro, folgorante nella lapidarietà e nello spasso dei dialoghi, ma cinematograficamente statico. Senza necessariamente dover tornare con la memoria ai capolavori di Allen degli anni Settanta e Ottanta, infatti, basterebbe ricordare l'impatto fondamentale, nell'economia del racconto, di alcune memorabili sequenze in esterni di Mariti e mogli per rendersi conto che, visivamente, in questa sua ultima fatica (se si esclude l'approccio metafilmico dell'incipit e del finale) non c'è una sola sequenza strutturata in modo da affiancare alla primaria funzione "illustrativa" delle immagini un ulteriore sottotesto narrativo: le evoluzioni della trama vengono regolate e scandite dalle battute dei dialoghi, col risultato che alla fine tutto appare fastidiosamente "già visto" (e non "già sentito", ovviamente, perchè il lavoro di cesello in fase di sceneggiatura si concentra proprio sull'immediatezza delle battute). Qualche gag va a segno fragorosamente, come il "Tanti auguri" cantato da Boris quando si lava le mani o lo spassoso dialogo tra Howard (Christopher Evan Welch), il cliente gay del bar e John (Ed Begley jr.), il padre di Melody:
"Dio è gay".
"Non può esserlo, ha fatto tutto l'universo perfetto, gli oceani, i cieli, i bellissimi fiori, gli alberi ovunque...".
"Esatto, è un arredatore...".
Nonostante qualche bagno di troppo nell'effetto cartolinesco (quelle luci soffuse del tramonto...), "viziaccio" dell'Allen spagnoleggiante, Basta che funzioni appare, comunque, opera curata e meditata: da qui, però, a volervi (ri)trovare la grazia e il respiro del Cinema urticante del suo autore...
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