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Departures

Regia di Yojiro Takita vedi scheda film

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La recensione su Departures

di port cros
6 stelle

Troppo sentimentalismo ed eccessiva insistenza nel calcare la mano per spiegare l'ovvio al pubblico appesantiscono un dramma sul tema della morte che vanta una buona interpretazione del protagonista ed il fascino e la grazia elegante con cui ricrea le cerimonie funebri. Immeritato Oscar.

Masahiro Motoki

Departures (2008): Masahiro Motoki

Daigo Kobayashi (Masahiro Motoki) è un violoncellista che, alla chiusura improvvisa dell’orchestra in cui suona, decide di rientrare nella sua cittadina natale, dove è cresciuto con la madre, morta da pochi anni, avendoli il padre abbandonati quando egli era bambino. La moglie Mika (Ryoko Hirosue) accettata di buon grado di seguirlo. Giunti al paese,Daigo si mette a cercare un lavoro e lo trova inaspettatamente presto, presso l’agenzia NK del signor Sasaki (Tsutomu Yamazaki), che con sgomento scopre essere un “tanatoesteta”, addetto all’imbellettamento e vestizione dei cadaveri in preparazione dell’ultimo addio, che avviene in una cerimonia di fronte ai parenti riuniti. Superate le ritrosie iniziali, Daigo comincia ad apprendere ed appassionarsi alla particolare “arte”, sebbene la nuova professione incontri la disapprovazione della moglie e della gente, spaventata da tutto ciò che riguarda i cadaveri.

 

 

Il film tenta (ed in parte riesce) a trattare con delicatezza il tema della morte e soprattutto della prova dell'affrontare la scomparsa dei propri cari da parte di chi rimane in vita. In tale difficile momento, la cura del corpo e dell’abito della persona cara deceduta diviene un momento di commiato ed una dimostrazione di affetto e rispetto, che consente di facilitare il commiato finale. E, come avverrà con il protagonista stesso, può rappresentare anche un modo per mettere finalmente da parte rancori e recriminazioni che non è stato possibile affrontare in vita.

 

Vincitore (immeritato) dell’Oscar come Miglior Film Straniero nel 2009, Departures è un dramma con elementi di dark comedy che tuttavia funziona solo in parte. Dalla sua ha una fotografia curata, una buona interpretazione del protagonista Masahiro Motoki ed alcune parti ben riuscite: la grazia elegante delle cerimonie del lavaggio, trucco e vestizione dei corpi, in cui i kimono vengono sfilati ed indossati senza scoprire un  centimetro di pelle del morto, e gli incontri coi parenti in lutto. Dall’altra il film, rispetto a più ammirevoli e rigorose opere della cinematografia giapponese, prende in prestito certe facilonerie del cinema occidentale  per il grande pubblico, realizzando un ibrido non sempre convincente, dove il sentimentalismo prende molto spesso il sopravvento.

 

  

L’uso intrusivo della musica, a sottolineare in maniera calcata i momenti topici, crea un eccesso di drammaticità che non aiuta  a conferire sincerità all’emozione. Esempio ne è il finale, che si voleva molto commovente e ne aveva la potenzialità, ma finisce per strafare in sentimentalismo piagnucoloso. Anche gli inserti umoristici non sono sempre ben amalgamati  e a volte l’accostamento di elementi comici e tragici stride. Certi passaggi della sceneggiatura poi sono troppo bruschi (perché alla chiusura dell’orchestra Daigo decide di abbandonare completamente la carriera di musicista?, o la partenza ed il rientro improvvisi di Mika) e molti sono appesantiti dalla insistenza nel calcare la mano, indice del problema del film di voler esagerare per far arrivare il suo messaggio, come se il pubblico non fosse in grado di comprendere le sfumature e le sottigliezze (la scena in cui il figlio della padrona del bagno pubblica addirittura sgrida la bambina per avere semplicemente salutato Daigo è una trovata ridicolmente eccessiva per mostrare la ritrosia delle persone di fronte a chi maneggia i cadaveri ).

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