Regia di Yojiro Takita vedi scheda film
Mi era stato parlato bene di Departures (oltre tutto da parte di una persona che reputo assai competente in campo cinematografico e con la quale condivido molti dei miei gusti in questo ambito), ma devo dire che, fatte salve le buone intenzioni del regista e una scena finale indubbiamente commovente, non l'ho trovato un film al di sopra della media.
Quello del «truccatore dei morti» (ma la definizione è riduttiva, perché questo mestiere è assai più complesso e ricco rispetto al semplice mettere del belletto sul volto dei cadaveri) deve essere un lavoro consono alle tradizioni del Giappone - e peraltro non legato ad una specifica confessione religiosa, poiché vi ricorrono anche i cristiani - e su questo non c'è niente da obiettare. Lascia perplessi, tuttavia, il fatto che, così stando le cose, vi siano persone che considerano sconveniente quel mestiere, tanto da invitare i figli a non rivolgere la parola al protagonista, che lo pratica, e che quest'ultimo si senta costretto a non rivelare la propria professione neanche alla moglie. Il giovane Daigo Kobayashi, ex violoncellista, fa credere infatti alla giovane sposina di lavorare per un'agenzia di viaggi e sarebbe come se un autista di carro funebre sostenesse di lavorare per una ditta di autotrasporti (ed in quest'ultima circostanza si sarebbe forse più vicini alla realtà).
Ma qualcosa non funziona, a mio parere, nemmeno nel tono generale del film, dove i rapporti interpersonali sono tutti improntati ad un eccessivo buonismo, ad una carineria da spot televisivo, con frasi fatte nonché situazioni e personaggi stereotipati, come la segretaria dell'agenzia e la signora del bagno pubblico (la quale viene peraltro immotivatamente definita una vecchia, quando non lo sembra affatto).
Guardare al trapasso con occhi diversi, restituire dignità alla morte (per chi se ne va e per coloro che restano) e dare (o rendere) la bellezza ai defunti, per il bene loro e per lenire il dolore dei parenti: accompagnare decorosamente, in buona sostanza, chi se ne va, nell'ultimo viaggio (da questo doppio significato era nato l'equivoco che aveva fatto credere allo stesso Daigo di andare a rispondere ad un annuncio di lavoro presso un'agenzia turistica). Questo rientra nelle buone, forse ottime, intenzioni di chi ha concepito e realizzato Departures, ma, come si sa, le buone intenzioni non bastano da sole a fare un buon film.
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