Regia di Yojiro Takita vedi scheda film
Un giovane violoncellista, rimasto senza lavoro per lo scioglimento dell’orchestra in cui suonava, lascia Tokyo e torna con la moglie nella cittadina di provincia dove ha trascorso l’infanzia: qui si adatta a fare un mestiere socialmente poco qualificante come il truccatore di cadaveri, ma col tempo impara che far sprigionare musica da un oggetto inanimato e restituire bellezza a un corpo senza vita non sono poi due attività così diverse. La parola inglese del titolo significa sia “partenze” sia “dipartite”: allo stesso modo il film si muove nella linea di confine fra la vita e la morte, tratta con sublime leggerezza temi alti, commuove ma lascia spazio a intermezzi comici. Le veglie funebri, nelle quali trovano sfogo il dolore e a volte la rabbia dei familiari del defunto, tendono a trasformarsi in psicodrammi: vengono fuori segreti tenuti nascosti, tensioni latenti, parole mai dette, tutto sublimato da una gestualità composta e solenne; è come se il senso di un’intera esistenza si compendiasse nel suo momento finale, e da lì dipendesse il riscatto o la condanna. È la lezione dell’ultima scena: anche il più miserabile degli uomini, che si è lasciato dietro una scia di rancori ed è morto solo come un cane, conserva fino alla fine un briciolo dell’innocenza perduta.
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